Il successo del Btp day e il vero patriottismo

Fidarsi? I risparmiatori hanno deciso che dell'Italia ci si può fidare. E hanno aderito al Btp day: i numeri raccontano che gli scambi sui titoli di Stato italiani ieri hanno avuto un controvalore doppio rispetto alla media mensile.
Ma ripetiamo la domanda: fidarsi? Come sempre quando si parla di finanza è meglio andare cauti e non farsi travolgere dai sentimenti, fosse anche il patriottismo da tanti invocato in occasione della giornata di ieri. L'amor di patria non deve farci scordare che il portafoglio è il nostro. E che se ci troviamo sull'orlo del baratro è anche perché molti negli anni hanno continuato a spendere e spandere soldi pubblici. Soldi di tutti noi che oggi siamo chiamati a pagare il conto.
Ma lasciamo questi discorsi. E torniamo alla domanda, la cui risposta è che ogni risparmiatore deve cercare di mantenere un portafoglio diversificato. Vale sempre la vecchia regola che le uova non vanno mai messe in un unico paniere. Gli alti rendimenti oggi assicurati dai Btp e dagli altri titoli di stato sono un richiamo al quale tanti ieri hanno risposto, forse anche attratti dall'annullamento delle commissioni (che comunque pesano in maniera minima: su duemila euro poco più di 15 euro). Si spera che gli acquisti di ieri siano stati fatti a ragion veduta e non sull'onda dell'emotività che pure è una componente importante dei mercati (basti pensare a tutte le bolle succedutesi negli anni). Il Btp è un investimento che va giudicato con un orizzonte di medio-lungo periodo. Sono titoli che è meglio portare fino alla scadenza, per non correre il rischio di una perdita in conto capitale: il prezzo pagato per acquistarli con l'alta volatilità dei mercati potrebbe scendere. Ma per chi ha acquistato ieri sono valutazioni che oggi hanno poco valore.
Resta la domanda: ci si può fidare dell'Italia? I tecnici continuano a ripetere che i fondamentali del nostro paese sono buoni. Le famiglie hanno una buona quota di risparmi. E anche l'indice della ricchezza pro capite è tra i più alti in Europa. Inoltre, l'Italia viene considetata too big to fail, troppo grande per fallire. E dovrebbe essere così: se salta l'Italia, salta anche l'euro e tutta la costruzione europea. Uno scenario che non conviene a nessuno. Nemmeno alla Germania che anche grazie all'euro ha potuto far crescere le sue esportazioni, la sua industria e la sua economia. È quindi probabile che alla fine - seppure in ritardo - si riesca a concertare una soluzione che consenta a tutta l'Europa di uscire da quest'incertezza.
In Italia resta però il problema della bassa crescita. Da più di dieci anni, la nostra economia non riesce a trovare il sistema per uscire dal pantano congiunturale, con conseguenze pesanti sopratutto per le fasce più deboli, nelle quali vanno considerati anche i giovani il cui livello di disoccupazione si avvicina al 30%. Come superare l'impasse? Servono riforme che introducano nell'economia italiana più mercato. Concetto che declinato in altro modo si legge come merito: i più bravi possono emergere e crescere, liberati dai mille ostacoli posti dalla burocrazia e da posizioni consolidate che premiano le rendite. Bisogna passare dall'economia delle cricche e delle conoscenze a quella della conoscenza. E questo vale sia per i singoli individui sia per le imprese. A beneficiarne sarà tutto il Paese. Questa sarebbe la vera rivoluzione patriottica.

Gianluca Morassi

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