Se ne parla da un quarto di secolo, ma non si realizza mai. Sta diventando un simbolo dell'incapacità di decidere di questa città e di chi la amministra. Della carenza di progettualità a medio-lungo termine. Eppure, con un po' di buona volontà, le storielle possono diventare reali. Lo dimostra, proprio in questi giorni, il caso di Villa Chiara e Villa Silvia, i due avamposti dell'ex manicomio, ovvero le palazzine più prossime alla sede universitaria di via Valleggio. Anche questa, per la verità, è una storia che sfiora il limite della barzelletta. Le origini risalgono alla seconda giunta guidata da Alberto Botta, un sindaco cui va riconosciuto il merito di aver creduto nell'università come motore per lo sviluppo di Como. Mentre il suo successore passerà alla storia (anche) per essere stato quello che, dopo 25 anni di dibattiti, studi e progetti ha archiviato il sogno del campus («non è più una priorità»), dopo averlo inserito tra i punti cardine del suo programma elettorale.
Ma torniamo all'anno 2000. Allora la cessione di Villa Chiara e Villa Silvia al Politecnico era cosa (quasi) fatta. Siglato l'accordo di programma, improvvisamente prevalse una singolare rivisitazione del detto "meglio un uovo oggi che una gallina domani". Gli enti locali all'uovo (le due palazzine) rinunciarono convinti che il domani avrebbe portato all'ateneo una gallina di razza (il campus). Pare di immaginare i vari sindaci, presidenti di provincia, dirigenti sanitari eccetera eccetera che si pongono vicendevolmente la fatidica domanda: ma è nato prima l'uovo o la gallina? E qualcuno a un certo punto salta su dicendo: la gallina, ma certo! Di conseguenza parve inutile realizzare un intervento parziale nell'area dell'ex manicomio, quando si era convinti di poterne, a breve, promuovere uno complessivo.
Per rimanere in ambito barzellettistico, e farsi una risata amara, vale la pena ricordare che, più o meno contestualmente, l'amministrazione decise si ristrutturare il corpo a shed dell'ex Ticosa come spazio espositivo. Due decisioni egualmente infauste, egualmente viziate dall'incapacità di pensare in prospettiva, di immaginare il futuro di Como e farlo diventare presente recuperando due aree strategiche della città. Risultato: il corpo a shed della Ticosa è stato poi abbattuto, bruciando un miliardo di vecchie lire (tanto era costato il restauro), per lasciare spazio a un piano di recupero più esteso rimasto sulla carta; al contrario, le due palazzine dell'ex Opp non furono date al Politecnico, ma questa rinuncia non è stata affatto utile alla realizzazione dell'agognato campus, tant'è vero che dopo 12 anni il Politecnico torna a chiederle e stavolta pare che riuscirà ad ottenerle davvero. Con il piccolo particolare che il degrado nel frattempo è avanzato e con esso i costi di ristrutturazione.
Qual è la morale di questa favola amara? Che la Como di domani ha bisogno di un'amministrazione lungimirante e coraggiosa. Pensateci, cari candidati.
Pietro Berra
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