Son passati quarant'anni e mai come in questo periodo sembra essere rinata la voglia dei cittadini di partecipare, un po' a tutti i livelli. Merito, si fa per dire, del degrado della politica e del fallimento di un intero sistema di rappresentanza, nazionale e locale. La voglia, l'esigenza di incidere direttamente su quanto ci sta attorno la si può misurare da vari indicatori.
Il più evidente è il proliferare di liste civiche che si propongono di governare i nostri Comuni. Da Cantù a Como, sull'onda di scandali e inefficienze più o meno macroscopiche, è un fiorire di gruppi che si aggregano per le elezioni. Ancor più degli anni passati. E' il trionfo del particolare e del concreto, dei giovani che come priorità si pongono internet in biblioteca o della lista di frazione che vuole il marciapiede e il senso unico. Un fenomeno positivo dal punto di vista della partecipazione, al quale tuttavia continuano a guardare con una certa diffidenza i cultori della politica tradizionale che ritengono comunque i partiti l'unico strumento di una rappresentanza reale ed efficace.
Ma anche senza arrivare alla candidatura in consiglio comunale, è anche da altri piccoli sintomi che si può diagnosticare l'estendersi di questa epidemia partecipativa. Un esempio: il Comune di Cantù deve intitolare una piazzetta (più che altro, un parcheggio) nella piccola frazione di Fecchio e pensa di dedicarla alla patrona della città, Sant'Apollonia, che non può vantare nemmeno un vicoletto alla memoria. Apriti cielo. A Fecchio si è levata un'autentica forza popolare, con gli anziani in primissima fila, chi a proporre per la piazzetta l'ex prevosto, chi il progettista della chiesa, chi la nobile famiglia che ha segnato la storia del borgo, chi i contadini che lavorarono i terreni della famiglia. Abbiamo visto anziani con il bastone arrivare in redazione magari per consegnare solo due schede, scritte in stampatello stentato, con un entusiasmo e una forza di volontà insospettabili, alla faccia della riservatezza brianzola e allo sventolato disinteresse dell'opinione pubblica.
Lo stesso era accaduto qualche mese fa a Piazza Santo Stefano, con il santo fondatore dell'Opus dei e il medico condotto a contendersi a suon di firme l'intitolazione di una piazza. E la medesima voglia ha animato nelle passate settimane anche il nostro concorso per il totosindaco, per quanto fosse più che altro un gioco.
Sarà compito dei sociologi interpretare questi sentimenti sempre più diffusi e capire se, dove e a che cosa potranno approdare. Ora è bene prenderne atto con benevolenza, cercando di coglierne gli aspetti positivi, ma evitando ogni tipo di illusione. Perché tanto è cresciuta la voglia di darsi da fare, tanto rimane il disincanto verso quella politica che non muove idee, ma soldi. Saranno anche più partecipativi, i cittadini, ma non sono mica stupidi.
Mauro Butti
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