In questi giorni, nello stipendio di febbraio, infatti, i lavoratori lombardi si troveranno un prelievo in più nella voce tasse. Si tratta dell'Irpef regionale, non solo aumentata secondo i dettami del governo Monti (non chiamatelo federalismo fiscale per favore che scappa da ridere) ma pure retroattiva. In un colpo si pagheranno tutti gli arretrati del 2011. Un caso più unico che raro nella pur fertile fantasia italiota nel campo della politica fiscale. Ma questa è un'altra storia che si intreccia però con quella che ci raccontano in questi tempi le cronache giudiziarie ambientate al Pirellone.
Le vicende dell'ufficio di presidenza del Consiglio della Regione più evoluta d'Italia sembrano un altro rifacimento. Quello del film "Dieci piccoli indiani" tratto dal romanzo di Agatha Christie.
Qui gli indiani non c'entrano (in questi giorni peraltro abbiamo già abbastanza guai con gli omonimi asiatici), neppure sono dieci (anzi la metà, cinque) e non si può sostenere che siano piccoli, almeno come statura politica. Quattro dei cinque del Pirellone sono oggetto di attenzioni della magistratura. La presunzione di innocenza vale sempre almeno quanto quella di essere un partito diverso dagli altri. Ma, guardacaso, il presidente del Consiglio regionale, Davide Boni (Lega Nord) è indagato per corruzione. Una corruzione, secondo gli inquirenti, di quelle old style, con le mazzette in ufficio. Boni avrebbe, stando all'accusa, introitato un milioncino di euro in parte per conto del suo partito.
Il vice presidente del suddetto Consiglio, Filippo Penati (Pd) è anche lui indagato per tangenti sulla riqualificazione delle aree ex Falck e Marelli di Sesto San Giovanni, Comune di cui è stato sindaco. Altri due componenti dell'ufficio di presidenza, Franco Nicoli Cristiani e Massimo Ponzoni (Pdl) sono finiti in carcere (il primo ne è uscito dopo 86 giorni) per tangenti e bancarotta fraudolenta. Lega, Pd e Pdl. Quasi un arco costituzionale della Seconda Repubblica. Tutti implicati in faccende tangentizie.
Certo, non ci sarebbe da stupirsi. Anche la prima Tangentopoli, quella che spegne le venti candeline su una torta che le cronache giudiziarie di questi tempi rendono sempre più amara, è partita dalla Lombardia, dalla Milano da bere.
Forse di bere si è smesso. Di mangiare, almeno a dar retta alla magistratura, pare di no. Anzi. Non è bello per la Regione più importante, più innovativa e soprattutto più ricca d'Italia.
E non è bello per i cittadini della Lombardia trovarsi di fronte all'obolo forzoso dell'Irpef retroattiva proprio mentre la nuova Tangentopoli fa tremare il vecchio e forse anche il nuovo fantasmagorico Pirellone. Da Formigoni, che conosce bene il polso dei lombardi, ci si potrebbe attendere qualcosa di più incisivo delle affermazioni di estraneità della sua Giunta da queste vicende giudiziarie. Perché i lombardi le tasse le pagano. Ma non per essere cornuti e mazziati.
Francesco Angelini
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