Ognuna di queste vittime innocenti ha un nome ed una storia. Ognuna di loro aveva sogni e speranze. Vite spezzate, come lo sono state quelle di milioni di donne, uomini e bambini che in questi anni di follia hanno pagato con la vita l'insensatezza della guerra.
Ad oggi nel mondo ci sono almeno 30 conflitti in atto. Negli ultimi dieci anni almeno 8 milioni di civili hanno perso la vita ed altri 22 milioni resteranno segnati tutta la vita per le ferite e le mutilazioni patite. Nel 2010 quasi 44 milioni di persone hanno vissuto lontano dalla propria casa, dalle proprie città, dai propri villaggi, in fuga da guerre, persecuzioni o violazioni dei diritti civili. Nemmeno uno su dieci è riuscito a tornare a casa. Dall'Afghanistan e dall'Iraq, paesi teatro delle guerre più cruente degli ultimi anni, sono fuggiti cinque milioni di civili.
Non servirebbe forse aggiungere molto altro a questi numeri per capire che le cicatrici delle guerre segneranno per sempre la storia del mondo. Ma non bastano a rendere giustizia a ciascuna di quei milioni di vittime. Bisogna guardare le centinaia e centinaia di foto che giungono da ogni parte del mondo per capire il perché. Non sono le immagini cruente dei combattimenti, dei bombardamenti, a colpire di più. Sono i volti delle persone che fuggono dalle proprie città, delle donne e dei bambini sfiancati nei campi profughi. Gli occhi colmi di paure e le lacrime che non riescono ad uscire. Volti straziati di uomini che non hanno più nulla. Corpi martoriati che nessuno probabilmente potrà piangere. E' tutto questo che rende orrende e insensate le guerre. E' tutto questo che dovrebbe far tremare le vene a chi ha in mano le sorti del mondo.
Milioni di persone che hanno perso la vita. Altri milioni che sono vive ma è come se fossero morte; senza possedere più nulla, nemmeno il proprio destino. Ma ciascuna di queste vite è preziosa come un tesoro. E questa è la nostra responsabilità.
Durante i quattro anni di assedio a Sarajevo, dall'aprile 1992, al febbraio 1996, le vittime furono 12 mila, i feriti oltre 50 mila. L'85 per cento erano civili. Fu certamente questa una delle pagine più feroci della nostra recente storia. Migliaia di persone rimasero intrappolate in una guerra di cui, probabilmente, non conoscevano fino in fondo le ragioni. Tra queste migliaia di persone c'era Nikola, un bambino dodicenne, fuggito con i nonni dalla sua casa e rifugiato per lunghi mesi nei boschi. Raccontano che non parlasse più e che stesse per ore a disegnare una bicicletta blu appoggiata al muro di una casa. La sua bicicletta, l'unico oggetto che gli ricordava un passato spensierato che non c'era più.
E' per le migliaia di Nikola sparsi nel mondo che non possiamo tacere di fronte all'orrore che continua a sporcare il mondo.
Massimo Romanò
© RIPRODUZIONE RISERVATA