Va detto che il Pd è un partito a cui la fortuna non sorride. Ma come dopo anni di opposizione frustrante finalmente il Cavaliere toglie il disturbo. Sta a vedere che ci tocca governare? Sospira Bersani occhieggiando i sondaggi che segnano un'incredibile crescita. E invece no. Lo spread e Napolitano (un ex compagno che sbaglia? Chissà) ti impongono Monti. Quello che una volta era il partito della sinistra si trova costretto a ballare sulle note forzose imposte da banchieri e poteri forti. Va bene, si rassegna Bersani. Facciamo questo sforzo. Turiamoci tutte e tre le narici (ah no, adesso sono due, è finito il tempo dell'addavenì baffone) e diamo una mano a sto governo. Pazienza se la foto di Vasto (quella con il segretario Pd, Di Pietro e Vendola a braccetto) finisce per impressionarsi troppo. Passerà (con l'accento, eh) anche questa nottata, pensano Bersani e i suoi. Poi si voterà e finalmente toccherà a noi fare un giro di giostra.
A furia di aspettare, sperare, dividersi secondo quella che è la specialità della casa che ti fa quell'ingratone di Monti? Butta là una riforma del lavoro con il nuovo articolo 18. Annuncia che la concertazione è finita (ma chi si crede, De Gaulle?) e fa venire lo sturbo alla Camusso.
All'improvviso, il povero Bersani si trova fuori da tutte le foto come certi dirigenti sovietici che cadevano in disgrazia e sparivano di botto dall'iconografia del Cremlino. Addio al tenero quadretto di Vasto, ma anche stracciata l'immagine twittata da Casini con i due Pier (Luigi e Ferdi) immortali assieme ad Alfano e sormontati da Monti. Qui, quo, qua e zio Paperone. Che però già meditava lo scherzetto.
Che fare? Al segretario del Pd, una delle icone del precariato, non resta che cercare negli armadi. Sarà rimasto qualche guado in cui restare in mezzo dal trasloco del Pci? Ce n'è. Mica li hanno buttati via perché si sapeva che prima o poi sarebbe venuti buoni.
Il problema del Pd è sempre lo stesso. Quello di attraversare sto maledetto guado. Ma cosa c'è dall'altra parte? E soprattutto, lo passeranno tutti il guado? Anche gli elettori? Il sindacato poi?
Da qui il patetico e un po' obbligato balbettamento di Bersani sull'articolo 18, i calcoli opportunistici su chi ci perde e chi ci guadagna all'interno del partito.
Altro sarebbe stato prendere il toro per le corna. Il Pd, usmando l'aria che tirava, avrebbe potuto mettere in campo un'iniziativa sulla riforma del lavoro e dimostrare così quella maturità politica di chi ha a cuore l'interesse e la tutela dei lavoratori come il futuro e la crescita del paese. Insomma, per usare le parole di Nanni Moretti, Bersani avrebbe dovuto dire qualcosa di riformista prima che il ciclone Fornero cominciasse a soffiare assieme al vento della protesta sindacale con il partito sbatacchiato in mezzo. Non basta andare a Lourdes. A volte si rischia di trovare chiuso.
Francesco Angelini
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