C'è una cosa che fa davvero paura. L'essersi in qualche modo arresi a questa evidenza, come se la povertà fosse un accettabile effetto collaterale della guerra che si sta combattendo contro la crisi economica. Se così fosse sarebbe spaventoso. Sarebbe come dire che a milioni di persone, che come unica colpa hanno quella di aver perso il lavoro, si nega di fatto la possibilità di immaginarsi un futuro.
Fino a dieci anni fa non era così. Chi perdeva il lavoro, soprattutto nelle ricche province lombarde, doveva solo guardarsi in giro con attenzione e un'alternativa la trovava. C'erano reti sociali di solidarietà che funzionavano; insomma, difficilmente qualcuno si trovava solo ad affrontare le difficoltà. Oggi non è così. Oggi perdere il lavoro significa sprofondare in un baratro da cui difficilmente si riesce ad uscire.
Sta emergendo un enorme blocco sociale fatto di poveri e disoccupati che deve essere considerato come la prima grande emergenza di questo paese, con la quale tutti devono fare i conti. Non è più tollerabile che in Italia manchi una misura strutturale di contrasto alla povertà assoluta, una misura che impedisca di sprofondare nel baratro. Non è concepibile per un paese civile che la mancanza di lavoro e la presenza di figli, diventino fattori determinanti per lo scivolamento verso la povertà. Tutto questo mina alle radici la possibilità di crescita e di sviluppo. E' tempo di intervenire con un piano straordinario per l'occupazione, soprattutto giovanile e con una politica fiscale finalmente a vantaggio delle famiglie con figli.
Non bastano i tagli agli sprechi, ammesso che vengano fatti, per garantirsi un futuro. Bisogna avere a cuore il destino di chi si è chiamati a governare, soprattutto dei più deboli. Il vero obiettivo è impedire che la forbice tra ricchezza e povertà si allarghi ancora di più. Se non si risponderà a questa emergenza, sarà una sconfitta per tutti.
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