Da anni nel nostro Paese è in corso un dibattito vecchio e noioso sull'opportunità o meno di finanziare e sostenere la scuola privata. Dibattito noioso perché la storia e i dati hanno ampiamente dimostrato come il privato e il pubblico rispondano ad una stessa esigenza; quella di creare nel nostro Paese un sistema educativo che abbia a cuore il destino dei nostri figli. Con un'aggiunta che nessuno sottolinea abbastanza, anzi che ideologicamente qualcuno nasconde: la scuola privata costa meno di quella pubblica e se venisse a mancare si aprirebbe una voragine difficilmente riparabile.
Nel caso delle scuole materne si tratta di qualcosa in più. Storicamente queste realtà rappresentano un presidio educativo sul territorio, nei quartieri come nei paesi. Sono esperienze molto spesso nate dal basso, dalle famiglie stesse, magari in ambito parrocchiale. Rappresentano in molti casi una certezza per i genitori e in altri suppliscono alla scarsità di strutture comunali o statali. Ma da un punto di vista educativo, che poi è l'unico che interessa davvero, sono esperienze all'avanguardia.
Tagliare del 40 per cento le rette vuol dire, in molti casi, mettere a repentaglio la loro esistenza e metterle di fronte a due scelte: aumentare le rette o chiudere. Ma è pensabile in un momento di crisi drammatica chiedere alle famiglie un aggravio del genere? Perché parliamoci chiaro; la favola tutta ideologica delle scuole private costruite per i ricchi e per i figli dei ricchi non tiene più. Il coraggio di una libera scelta educativa la fanno anche le famiglie di operai o di impiegati o di immigrati. Basta andare a vedere per chiarirsi le idee. Tagliare i fondi vuol dire per queste famiglie, dover mettere in discussione una scelta che già di per sé rappresenta un sacrificio. In questo modo si fa un passo indietro nel quasi nulla rappresentato dalle politiche a sostegno della famiglia.
«Le casse sono vuote e non possiamo dare di più». La giustificazione dell'assessore è comprensibile, ma non può bastare. Nessuno si nasconde il fatto che la situazione dei Comuni, da un punto di vista economico, è diventata drammatica. Ma forse bisognerebbe ragionare come avviene in molte famiglie: tagliamo tutto ma sull'educazione dei nostri figli non togliamo neanche un euro. Una scelta difficile, ma coraggiosa.
Le scuole materne a Como accolgono 793 bambini. Se fossero costrette a chiudere o ad aumentare le rette, si aprirebbe un problema drammatico per centinaia di famiglie. Non c'è nessuna battaglia ideologica da fare. Il Comune afferma di riconoscere l'importanza di questi asili e il loro ruolo sociale. Siamo convinti che sia così e che alla fine, proprio per questo, con una scelta coraggiosa, si troverà il modo di rivedere le proprie decisioni.
Massimo Romanò
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