Cosa fare
se impazzisce
la salsa
sociale

Vandali, spaccio, liti che finiscono a sprangate, parole oscene destinate a chi si trova a passare di lì la sera. Via Milano alta, a giudicare dagli ultimi fatti registrati dalla cronaca, sembra diventata la frontiera tra San Diego, California e Tijuana, Messico.
Un minuto prima sei nell'occidentalissima e americanissima San Diego, un minuto dopo scendi dal trenino rosso che attraversa la frontiera e sei a Tjuana, Messico. Si passa dall'ordine al caos. E sembra impossibile che una manciata di metri d'asfalto siano una porta aperta sulla diversità, quasi come la porta dell'armadio magico del film "Le cronache di Narnia", o lo specchio della regina di Biancaneve che mostra ciò che la sovrana non vorrebbe vedere: il bello del volto di Biancaneve contro il brutto del suo.
In tutti questi tre casi ci sono due facce della stessa medaglia: di una persona, di una frontiera, di un mondo. Via Milano alta è lo stesso. In alto la faccia "brutta", in "basso" la faccia bella. Ma sempre di Como si tratta. Una città che non è, a stranieri, come Milano dove interi quartieri non parlano italiano, ma è una città che però piace anche a quegli stranieri che non sono turisti, venuti a Como per lavorare. Dunque non è gente in gita. Molti comaschi lo riconoscono, gli stranieri di via Milano alta sono per la maggior parte gente che lavora sodo. Ma poi ci sono anche gli altri, quelli che rompono le scatole, insultano, spacciano, si picchiano, sfasciano i citofoni.
Tutte cose inaccettabili, ma che fanno parte del gioco se, come dice bene il sociologo Magatti nell'intervista di oggi, non si decidono prima le regole. Il gioco è quello di vivere pacificamente anche se al posto della pastina la sera si mangia pollo al curry o kebap. È un gioco molto complicato perché stabilire una regola sola non si può perché i giocatori sono abituati a giocare in modo diverso, tutti legittimi. Non c'è infatti un modo solo di vivere da brave persone, ce ne sono tanti quanti siamo nel mondo. Basta fare qualche capatina fuori dal proprio Paese o anche fuori dalla propria regione. Solo che, questi tanti modi giusti di vivere bisogna conoscerli e, se si vede che sono troppo diversi, cercare di digerirli reciprocamente. A chi mangia la pastina far sopportare l'odore acre del curry e a chi mangia curry far digerire quello della pastina con il dado. E chissà che non si arrivi ad invitarsi a cena a base di curry e pastina. Ma in tutto questo ci sono gradini alti come condomini da salire, e sono fatti anche di persone, in via Milano alta straniera, che non ha recepito che ci sono delle regole, forse perché non sono ancora state indicate nel modo giusto o perché, chi non hanno una vita facile, immagina che in via Milano alta si può trasgredire e cercare soldi facili con lo spaccio.
Però non è così e se sta diventando così bisogna fermare il processo, dando spazio a chi tutti i giorni lavora sodo in direzione contraria. Due esempi su tutti, solo per fare due esempi di integrazione che funziona. Uno è il primo corso per operatori interculturali rivolto a giovani donne migranti. È organizzato da: Associazione Nazionale Oltre le Frontiere di Como, Consorzio dei servizi sociali dell'Olgiatese, ufficio di piano di Como, Associazione dei Senegalesi Teranga, dei Marocchini Al Amal, Cooperativa Sociale Csls.
Si tratta di lezioni che vogliono formare lavoratori che aiutino mediatori esperti, operatori socio sanitari a svolgere funzioni di interpretariato, traduzione, accoglienza. Il secondo esempio, si chiama "I migranti fanno l'impresa!", corso ad Olgiate per formare persone che sappiano gestire l'incontro e l'accoglienza tra diverse culture. Che sia qui la chiave per una via Milano alta che non sia frontiera?
Carla Colmegna

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