Nella legge
elettorale
le paure
dei politici

Lo psicodramma della legge elettorale è la traduzione pratica di tutte le paure che agitano il mondo politico dopo il terremoto siciliano.
Al Senato è in corso una battaglia senza esclusione di colpi per la sopravvivenza. Soprattutto adesso che Mario Monti, dal lontano Oriente, ha fatto sapere che in assenza di risultati concreti il governo tecnico potrebbe anche intervenire con un suo provvedimento.
Iniziativa non auspicabile, ha precisato il Professore. Ma forse necessaria, con l'implicito incoraggiamento del Quirinale, è il sottinteso, se non ci saranno passi in avanti. Sarà una pura coincidenza, ma poco dopo la sortita del premier l'inedita maggioranza Pdl-Udc-Lega-Api-Mpa ha votato in commissione un testo che attribuisce un premio di maggioranza del 12,5 per cento alla coalizione che raggiunga almeno il 42 per cento dei voti.
Per il Pd si è trattato di uno sgambetto di Casini perché la soglia appare irraggiungibile e rende di fatto obbligatori gli accordi dopo il voto tra i partiti maggiori: insomma, un modo per rendere inevitabile il ritorno del Monti-bis alla luce dell'assenza di una maggioranza certa. Nichi Vendola ha trovato legna da ardere contro l'intesa con i centristi: parla di «notte dei morti viventi», sottolinea che alla prova dei fatti il leader dell'Udc ha ceduto al richiamo della foresta dei berlusconiani. Analisi in cui concordano molti esponenti democratici (da Zanda a Latorre). L'offerta di dialogo di Casini - a cose fatte - appare ai più un tentativo di far scivolare il Pd nelle sabbie mobili degli estenuanti negoziati parlamentari, facendo perdere di vista l'obiettivo del bipolarismo e subendo il ritorno del proporzionale.
Bersani è l'uomo che rischia di pagare il prezzo maggiore: il colpo subito in commissione non è tale da compromettere l'intesa a lungo raggio con Casini, ma il pericolo è quello di trovarsi a fare i conti, dopo il voto, con un terzo polo assai più forte del previsto, almeno sul piano contrattuale. Nel caso Grillo dovesse confermare il suo travolgente successo anche su scala nazionale, non è detto poi che i voti dell'Udc possano essere sufficienti per una maggioranza al riparo dalle imboscate parlamentari. Lo spettro del Monti-bis rientrerebbe così dalla finestra. E del resto questa è l'unica vera carta sulla quale il PdL può giocare la sua sopravvivenza politica dopo il lavacro delle primarie (a cui Berlusconi ha dato la sua benedizione).
Ma in realtà questi tatticismi non tengono conto del clima sempre più pesante che si respira nel Paese. E nemmeno dei risultati che emergeranno dalle primarie, di destra e di sinistra: consultazioni il cui esito è apparentemente già scritto (con le vittorie di Alfano e di Bersani) ma che potrebbero sempre riservare qualche sorpresa. Con esiti imprevedibili. In tal senso, un ruolo cruciale lo gioca proprio Beppe Grillo.
Piefrancesco Frerè

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