Nuovi enti
e vecchie
mansioni
da rifare

Fare un giro per gli uffici di Villa Saporiti oggi equivale, in alcuni settori, a un tour nel deserto dei Tartari, per rubare l'immagine a Dino Buzzati. Lo scorso giugno ha segnato l'addio ufficiale alla parte politica della Provincia (assessori e consiglieri) eccezion fatta per Leonardo Carioni, rimasto al suo posto ma con fuori dalla porta la targa di «commissario straordinario» al posto di quella da «presidente». Ma segna anche il blocco contestuale delle attività in aree come quelle del turismo, della cultura (per fare degli esempi), della caccia, della pesca. Quelle dove l'indirizzo dell'assessore con le direttive su iniziative e progetti era determinante. I dipendenti - tranne quelli a scadenza di mandato tranne due dirigenti a cui è stato riconfermato l'incarico - sono rimasti al loro posto. In parecchi casi senza mansioni precise. Troppi, banalmente. Ed ecco perché nei giorni scorsi si parlava di mobilità, trasferimenti e della cassa integrazione declinata nel pubblico.
L'anno scorso il personale di Villa Saporiti è costato qualcosa come 14 milioni e 400 mila euro per 394 dipendenti. Un milione e mezzo se n'è andato per pagare i dirigenti. E l'Ente di via Borgovico non riesce nemmeno a saldare i debiti con le imprese.
E ieri, come spesso accade in Italia, è la parola beffa a guadagnarsi il posto d'onore. Sì, perché a Roma hanno fatto i conti. «Parametri», li chiamano i grandi guru della politica, che poi questa volta sono i supertecnici. Il risultato? La nuova maxi Provincia Como-Lecco-Varese non solo non ha troppi dipendenti, ma addirittura ne dovrebbe assumere 900. Questa è la sentenza dei numeri.
I numeri, però, da soli, possono fare danni enormi. Perché il buonsenso non può essere messo da parte. La domanda è semplice semplice: se si sono tagliate con l'accetta le Province perché l'imperativo categorico è il risparmio senza se e senza ma, come si può anche solo pensare di assumere 900 persone in un colpo solo?
Forse prima di fare calcoli, statistiche, proiezioni, bisognerebbe rispondere a un'altra domanda. Altrettanto semplice, ma alla quale oggi nessuno sa dare una risposta: quali saranno esattamente le competenze delle Province che andavano abolite e che poi sono state accorpate? Perché forse, prima dei numeri, bisognerebbe guardare la sostanza. Certamente le tre giunte provinciali di Como, Lecco e Varese e i rispettivi tre consigli non avrebbero avuto un costo nemmeno paragonabile a 900 nuovi dipendenti ai quali, in questo momento, nessuno è in grado di assegnare alcuna mansione.  I tanto elogiati (dai tecnici) parametri avrebbero, da soli, rischiato di cancellare Como e i suoi 226 anni di storia e di trasferire il capoluogo a Monza, che ancora non ha nemmeno completato la costruzioni delle sedi. Fortunatamente ha prevalso il buonsenso, o ancora di più Como deve ringraziare la sua "perfetta" collocazione geografica.
Adesso però ai nuovi super contenitori bisognerà dare un contenuto chiaro e certo. Perché in un momento di crisi come quello di oggi - in cui i dipendenti nelle aziende rischiano ogni mattino che quello sia il loro ultimo giorno di lavoro - non si può consentire che ci siano dipendenti pubblici che non abbiano competenze. E non si tratta di qualunquismo, ma di avere consapevolezza che se «il meglio deve ancora venire», come Obama ha promesso al suo popolo e al mondo dando quella speranza che in fondo tutti cercano, ciascuno deve fare la sua parte. Che significa, per prima cosa, usare il buonsenso.
Gisella Roncoroni

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