La crisi
cancella
le nostre
certezze

Tutto ha il segno meno, perfino gli smile con i sorrisi sui display di telefonini e pc pare scioperino a favore di quelli con il sorriso all'ingiù. C'è un dato che tuttavia ha il segno più e riguarda il numero di bollette non pagate di acqua e gas a Como.
Con i numeri davanti si vede al volo che aumentano coloro, 300 famiglie comasche, che non saldano più puntualmente il conto con i rubinetti, le lampadine, i fornelli e il riscaldamento. Il vicepresidente di Acsm-Agam dice addirittura che per tradizione i comaschi spesso pagavano con cinque giorni di anticipo.
Il territorio era, nella sua globalità, virtuoso e non abituato a lasciare scadere il termine di pagamento semplicemente per incuria. Ora qualcosa in questa buona abitudine è saltato, a ottobre i solleciti inviati sono stati 1400 per conti scaduti da tre mesi, l'anno scorso nello stesso periodo ne erano partiti il 50% in meno.
Si fa fatica, anche con i versamenti che fino all'anno scorso erano indiscutibili. Una fatica probabilmente molto sofferta, visto che poi di questi solleciti l'80% va a buon fine, cioè i morosi pagano appena riescono. Il 20% non lo fa e non sarà di certo perché si dimentica.
Coloro che restano a casa senza lavoro, se dipendenti, o guadagnano meno, se imprenditori aumentano in numero e, se si può forzare il concetto, in spessore. Nel senso che il calo del lavoro si cristallizza, comincia a occupare un periodo lungo e, di conseguenza, a causare una pila sempre più alta di debiti. Non giova ripetere i nomi delle tante industrie comasche che non riescono da mesi a pagare gli stipendi. Fatto sta che a non saldare le bollette cominciano ad essere anche gli esponenti della classe media, quella cioè fatta di persone che, senza essere Paperon de Paperoni, hanno sempre vissuto con agio e pagato le bollette. Non più tardi di un mese fa, alcuni dipendenti in protesta dicevano di fare economia sul riscaldamento, e per fortuna le temperature non sono ancora scese di molto.
C'è sempre un pro e un contro nei momenti difficili - lo dicono ultimamente molti analisti, che forse però il problema delle bollette non ce l'hanno - e per tenere botta alla crisi bisogna continuare a costruire il proprio futuro; sarebbe come dire: «Crisi, so che ci sei, ma non mi interessa, io le idee ce le ho e le porto avanti anche con meno soldi».  La forza delle idee insomma potrebbe aiutare i comaschi a pagare le bollette?
Myriam Revault d'Allonnes, per esempio, ha scritto un saggio, recensito martedì da Repubblica, sul fatto che l'idea di crisi infinita oggi cancella il passato e il futuro. Dice l'autrice che «Accettare l'incertezza non significa rassegnarsi alla precarietà, ma provare ad affrontare in modo diverso la realtà. Insomma, la crisi infinita non è la fine di tutto, ma un compito infinito che rifiuta la fatalità». Resta da capire come. I camini in centro città non si possono accendere, andare al pozzo a prendere acqua non si può, le candele non accendono il pc.
C'è l'energia da accumulare con i pannelli solari, ma si sa che gli impianti di risparmio, oltre a richiedere investimenti, non godono di molte agevolazioni fiscali come tanti altri accorgimenti che si potrebbero applicare. La situazione stagna, questo è forse il peggio. Lo si vede anche dagli aiuti che gli enti solidarietà si trovano a dover erogare, si ripetono e vengono chiesti anche da chi non ne ha mai avuto bisogno. La crisi è «un compito infinito che rifiuta la fatalità» come scrive la d'Allonnes? Speriamo, ma è sempre più difficile prendere la sufficienza.
Carla Colmegna

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