Politici
o tecnici
È la solita
truffa

  Dicono che con Bersani si formerà un vero governo di svolta in grado di portare finalmente l'Italia nella terra promessa di una matura e moderna socialdemocrazia. Altri, invece, credono che solo con Renzi sarà possibile una palingenesi epocale del tutto simile a quella operata da Blair sulla sinistra inglese.
Altri ancora aspettano l'ennesima rinascita di Berlusconi, che con la sua Forza Italia 2.0 tornerà allo spirito antisistema del mitico '94. Mentre chi la pensa in modo del tutto diverso è certo che soltanto un Palazzo espugnato dal grillismo possa cambiare veramente le cose. Mentre non sono pochi, infine, quelli che continuano a vedere in Monti l'unica àncora di salvezza di un paesucolo totalmente screditato all'estero e all'interno.
E, naturalmente, ad ognuna di queste prospettive, così come a quelle di tutti gli altri attori con una particina nella commedia che ci porterà alle elezioni politiche di primavera, corrisponde un blocco sociale, un modello economico, un profilo culturale diverso e opposto: socialdemocrazia, radicalismo di massa, conservatorismo populista, tecnocrazia temperata. Ricette antitetiche, universi inconciliabili, prospettive di Italie del tutto divergenti.
E invece non è vero. È una balla colossale che propina a noi poveri elettori disarmati finzioni sceniche che vanno di gran moda nei talk show di regime e pure in quelli urlanti e piazzaioli ma che invece nascondono il filo rosso - tenace, insondabile, inscalfibile - del più vieto continuismo. Nei vent'anni di questa disastrosa Seconda Repubblica, da Tangentopoli in poi,  si sono visti governi di qualsiasi tipo guidati da premier diversissimi - Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D'Alema, Monti - ma tutti quanti segnati dalla stessa identica e devastante matrice culturale: più Stato, meno mercato, più tasse, più sprechi, più casta.
È questa, da sempre, la grande truffa della politica italiana, paradossalmente più grave dei furti, delle ruberie e della spesso clamorosa incompetenza di ministri, onorevoli e amministratori locali, perché truffa tutta concettuale, storica, pavloviana, quasi genetica.
Pensateci bene. La leva su cui alla fine tutti vanno ad appoggiarsi è sempre quella dei bei tempi della Dc: spremere chi è già spremuto e permettere a chi non paga o a chi guadagna senza fare nulla di continuare inesorabilmente a farlo. Nessuno - tecnici compresi - ha mai avuto la forza, il coraggio o almeno la decenza di mettere in vendita gli enormi asset pubblici, il patrimonio immobiliare, le partecipazioni nelle aziende nazionali e municipali per abbattere in maniera drastica il debito e finanziare così un vero taglio della tassazione sulle famiglie e sul lavoro. Niente. Troppe mangiatoie. Troppi burocrati da accontentare. Troppi politici di quarta fascia da sistemare. Troppe clientele da rabbonire. E così, sempre benzina e sigarette e addizionali e una tantum e ticket e imposte di solidarietà e ridicole tasse sul lusso che fanno entrare dieci e fanno perdere venti e certezze a prescindere a chi il posto già ce l'ha e pesci in faccia a chi non lo troverà mai. E non c'è verso. Destra, sinistra, centro o ex banchieri la solfa alla fine  è sempre quella. Come ai tempi di Guicciardini, come a quelli di Longanesi, come quelli (forse i più adeguati per rappresentarci per quello che siamo) di Alberto Sordi. I soliti italiani. Quelli che abitano quello strano paese dove non si finisce mai una guerra con gli stessi alleati con cui la si è iniziata, dove non c'è mai nessuno che vince e nessuno che perde, ma dove invece tutti alla fine si mettono d'accordo.
Qualche animo candido (tra i quali anche chi scrive questo pezzo, pensate un po' che pirla) si era addirittura illuso che un governo d'emergenza composto da personalità di alto profilo intellettuale potesse finalmente tirarci fuori dalla palude sindacal-burocratico-statalista che in Italia strangola chi ha voglia di fare. Poveri tonti. Ci siamo beccati una riforma del lavoro talmente grottesca che ingessa ancor di più la rigidità del mercato così da garantire il posto fisso agli svariati lazzaroni e analfabeti di andata che, alla faccia dei tanti che lavorano sul serio al loro fianco, grufolano negli uffici, nei ministeri, nelle scuole (e nelle redazioni dei giornali) e da impedire ai giovani capaci, intelligenti, volonterosi e laureati (e quanti ce ne sono anche nel mondo dell'informazione) di meritarsene uno, condannandoli invece a invecchiare e intristire senza alcuna prospettiva. Mai. E brava ministra Fornero, un personaggino tutto compreso di sé che in un qualsiasi paese col senso della decenza, dopo la buffonata degli esodati, sarebbe stata accompagnata alla porta dall'ultimo degli uscieri.
Ci saranno le primarie del Pd, e poi forse quelle - felliniane - del Pdl, ci saranno le rimpatriate dei reduci leghisti - i più scornati di tutti - , le adunate un po' castriste dei grillini, le salottate chic del tecnici o presunti tali, la demagogia ad alzo zero dei supersinistri e tutto il resto che volete voi. Ma alla fine, state tranquilli, chiunque vinca  a marzo non abbandonerà il sentiero battuto da sempre, così da far cascare i prossimi sacrifici ancora sul groppone dei soliti. Perché questa è la nostra classe politica, questo il nostro soviet sindacale, questo il nostro gulag assistenzialista, questa la nostra storia. La storia è maestra di vita, certo, ma è anche un macigno. È per questo che noi siamo noi e gli altri - molto spesso - sono meglio.

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