Primarie,
tra i due
litiganti
monti gode

  Per la prima volta negli ultimi venti anni, grazie alle primarie, la sinistra italiana ha saputo catalizzare l'attenzione del dibattito pubblico. A differenza del passato, questa volta si è trattato di primarie autentiche e ciò va ascritto a merito di Matteo Renzi il quale, fin dall'esordio, non ha esitato a proporsi come alternativa alle cariatidi dell'apparato. La stampa ha celebrato l'imponente partecipazione alle primarie come preludio alla sicura vittoria della sinistra alle prossime elezioni omettendo di rilevare la presenza al voto di un cospicuo numero di elettori di destra che non voterebbero mai per un Pd guidato da Bersani. E' questo il bivio davanti al quale si trova oggi il Pd: una mutazione genetica in grado di farne una sorta di "catch all partie" ("partito pigliatutto"), cioè un partito all'americana dal programma eclettico e con un forte leader carismatico, oppure un partito classico, con uno solido radicamento sociale e un leader attento a preservarne i tratti identitari, dunque alieno da tentazioni populiste.
Poichè è questo il vero "thema decidendum", Renzi ha interesse a trasformare le primarie in un duello personale con Bersani chiamando al voto anche gli elettori di destra come se fosse irrilevante che trattasi pur sempre di primarie della sinistra. Negli ultimi mesi questa operazione è stata facilitata dalla liquefazione della destra che, dopo avere regalato il proscenio all'avversario, cerca ora goffamente di emularlo abborracciando delle primarie di cui è fin troppo facile pronosticare il fallimento. Fino a quando sulla destra italiana graverà la pesante ipoteca di Berlusconi, non sarà facile trovare un leader disposto a vedersi dimezzato. Questo, i moderati italiani lo sanno bene, come si evince dai veti posti da Casini e da quella strana masnada riunitasi attorno a Montezemolo, esponenti di un capitalismo accattone che, per decenni abbarbicato alla greppia dello Stato, finge ora di osteggiarlo deplorandone l'invadenza.
Nel frattempo Grillo seguita a macinare consensi al punto da essere ormai accreditato dai sondaggi come secondo partito. Se è questo il quadro, si capisce perchè Monti se ne stia chiotto ad aspettare che, dopo i fuochi fatui delle primarie, la sinistra si rassegni a prendere atto della ineluttabilità di un Monti-bis.
Si chiama "recessione" il vero nodo gordiano della politica italiana che nessuno sembra essere in grado di sciogliere. Occorre ammettere che nessun leader delle primarie ha saputo proporre soluzioni all'impotenza degli Stati nazionali nel governare la recessione e all'insipienza di un'Europa che non ha voluto opporre misure allo strapotere di quel "capitalismo delle locuste" che privilegia la rendita e favorisce la speculazione. Secondo Renzi, una sinistra moderna dovrebbe imparare ad interloquire con questo tipo di capitalismo, parassitario e sprezzante delle regole, che ha ben poco di sinistra. A pensarci è questa l'unica, vera novità emersa dalle primarie. Se questo è il nuovo che avanza, è facile capire perchè sarà inevitabile quella iattura nazionale chiamata Monti-bis.
Antonio Dostuni

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