Gli skater
di Como
e la voglia
di severità

  E' scomparsa la paura degli adulti» e ai ragazzi va messo «il guinzaglio». Lo dicono gli psicologi.
La prima affermazione la dice Gustavo Pietropolli Charmet, psicoterapeuta, presidente dell'Istituto Minotauro e del Centro aiuto alla famiglia in crisi e al bambino maltrattato di Milano. La seconda Anna Mascellani, responsabile del servizio clinico dell'Accademia di psicoterapia della famiglia di Roma. Ma Charmet lo dice agli adulti affinchè a cambiare siano i ragazzi, gli adolescenti in particolare.
L'analisi del professore fa da specchio al dibattito che si è acceso in questi giorni in città sull'incoscienza e l'arroganza degli skaters che sfrecciano in centro. Al comando e al sindaco sono arrivate lettere di comaschi che chiedono più vigilanza sui ragazzi con lo skate, e che si schierano dalla parte del vigile punito. Alcuni di loro «senza se e senza ma». L'agente avrebbe fatto bene, interpretando il desiderio di coloro che vorrebbero mettere in riga quei ragazzi e che non lo possono fare. Per paura, dicono, visto che chi ci ha provato, a sgridarli, si è preso sfottò e rimbrotti.
Gli skater "seri" rispondono alle contestazioni dei comaschi dicendo che loro le regole le conoscono bene e che, quando hanno ricevuto richiami dai vigili li hanno riconosciuti e hanno pagato. Il problema dell'imprudenza avrebbe dunque una faccia da sanzionare, che riguarda il non rispetto delle regole, e una richiesta da avanzare al Comune, quella di un parco, uno Skatepark come quello comunale di Cantù, regolare, gestito dagli stessi skaters che sono anche insegnanti di chi vuole imparare a stare in equilibrio. Il primo caso è quello che oggi interessa di più i comaschi, sanzionare gli imprudenti che non hanno regole. Ma, come dice ancora Charmet il problema dei ragazzi senza regole oggi non è la "violenza" dei loro comportamenti, «ma lo spegnimento completo della capacità di combattere dei ragazzi».
Come dire che è il momento che gli adulti recuperino la capacità di porre freni e limiti, regole precise e decise; confini che, Anna Mascellani, responsabile del servizio clinico dell'Accademia di psicoterapia della famiglia di Roma, definisce il «guinzaglio». Non per imprigionare, ma al contrario per liberare, per rendere gli adolescenti più sicuri e capaci poi di seguire da soli le regole anche quando i genitori non saranno più lì a ripetergliele. La società si accorge che la famiglia è in difficoltà, dicono gli esperti e i comaschi che chiedono più sgridate per gli skaters, ma nessuno sa esattamente cosa fare per aiutarla, la famiglia.
Il guinzaglio per i ragazzi deve essere tenuto da qualcuno.
Evocare educazione e polso fermo per i ragazzi è utile, ma lo è anche incentivare la formazione degli adulti. Anna Mascellani dice, soprattutto dei padri che hanno perso la capacità di essere autoritari e di incarnare il comando e le regole.
Per Charmet è evidente oggi «la scomparsa della paura degli adulti e la scomparsa del sentimento di colpa, penso - ha avuto modo di dire lo psicologo in un convegno dell'anno scorso sull'educazione al tempo della crisi - che sia una questione di cui dobbiamo occuparci seriamente, perché questo significa che il sistema educativo della colpa e del castigo è stato abrogato, senza che nessuno ci avvertisse, ed è stato sostituito da modello educativo della relazione, che mette sui banchi di scuola, molto precocemente, dei bambini che sono radicalmente narcisisti, che sono convinti che il sé sia più importante dell'istituzione e dell'adulto che hanno di fronte e che pensano, anche se non riescono a dirselo ufficialmente, che l'adulto e l'istituzione, per esempio la scuola, debbano essere al servizio della propria capacità espressiva, della propria capacità di sviluppare abilità o competenze».
Carla Colmegna

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