Far spegnere
il fuoco
è un diktat
disumano

  Mi piace pensare che quando il titano Prometeo rubò una scintilla agli dei e donò il fuoco agli uomini, subito i nostri lontani antenati accesero un camino.
Non poteva essere di certo un camino come lo vediamo adesso, con gli alari vicini alla brace e la catena per appendervi la pentola, però  era già un cumulo di legna che ardeva e quindi scaldava le gelide notti e arrostiva la carne del cervo e del cinghiale. E la gente della preistoria, che si era appena messa a camminare in posizione eretta, ha cominciato a capire pure che la carne era meglio arrostita che cruda. Da quei giorni in cui cominciò ad ardere il fuoco sono passati "millanta" secoli e mai nessuno è morto a causa del fumo che esce dai camini. Adesso arrivano questi della Regione Lombardia che, in nome dell'aria pulita, vorrebbero impedire ai camini di bruciare e con essi anche alle stufe che sono una versione un po' più moderna  del focolare domestico: una delibera in tal senso è datata 7 novembre 2012.
Questa "bella idea" di spegnere i camini oltre che avere tutta l'aria di essere una strana follia è sicuramente una pedata del sedere a Prometeo, alla storia dell'umanità e del nostro pianeta. Perché? Perché impedire al focolare domestico di ardere è come togliere un po' di vita all'uomo, anche se adesso ci sono i termosifoni, gli impianti di riscaldamento a pavimento, ad aria e altre innovazioni moderne. Ma il focolare resta sempre il focolare, una fiamma che  non dà solo calore ma anche  un senso di gaiezza, di ottimismo, di intimità e di allegria che certamente i caloriferi non riescono nemmeno lontanamente a trasmettere. Un termosifone è freddo anche quando scotta.
A noi poi, che siamo venuti grandi scaldando gli inverni  accucciati sulla panca accanto al camino e andando a letto la sera con il mattone refrattario riscaldato nel forno della stufa, ci pare proprio una bestemmia sentir dire che la legna del focolare è una nemica, che inquina e avvelena la nostra vita. Quindi ci pare che questo provvedimento proposto dalla giunta regionale, sia più un accanimento eccessivo, inutile e strampalato che una iniziativa razionale. L'idea di spegnere i camini e le stufe inoltre è in completa contraddizione con tutte le raccomandazioni e le propagande fatte negli anni scorsi dagli  stessi organi amministrativi regionali e nazionali,  di cercare fonti alternative ai combustibili liquidi e solidi che, come è stato a più riprese accertato, producono grandi quantità di gas inquinanti. Si era più volte affermato che tra le sostanze meno inquinanti vi era la legna che brucia sul camino. E sulle ali di queste affermazioni sono sorte molte fabbriche di camini e di stufe i cui manager si sono sbizzarriti pure a creare modelli dalla linea accattivante  e tale da fare del camino, o della stufa, anche un importante motivo di arredamento. E adesso, dopo tutto questa crociata a favore della legna da ardere, ecco che, di colpo, arriva una sanzione che ribalta il concetto di 360 gradi. A chi credere? Forse bisognerebbe interpellare legioni di tecnici e di esperti. Resto però convinto che  mille camini sui quali arde  tradizionalmente la legna, messi tutti assieme, inquinano meno di un solo autobus che gira per la città
C'è un modo di dire del dialetto milanese, parlata popolare che  con poche parole sa rendere bene l'idea e creare emozioni, che dice: "Mort ul föch e frègia l'acqua". Vuol dire che "spento il focolare e quindi fredda l'acqua nella pentola", la situazione è davvero brutta, disperata, senza speranza. Insomma "non c'è più niente da fare".  Indica però con brutale evidenza anche lo stato d'animo in cui la maggior parte della gente si troverebbe se davvero i camini saranno spenti.
Emilio Magni

 

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