La tragedia
di Raffaele
nel deserto
della città

  Forse è arrivato il momento di aggiornare il detto: "È come sparare sulla Croce Rossa". Proviamo a sostituirlo con questo: "È come investire un pedone sulle strisce".
Non è egualmente ignobile e paradossale? E, purtroppo, a differenza degli agguati a chi porta aiuti umanitari nei paesi in guerra, non è un fatto che succede ogni morte di vescovo a migliaia di chilometri da noi, ma si tratta di una costante di molte città italiane. Como compresa.
La scomparsa di Raffaele Gregorio, "anima" della sezione locale dell'Aism, travolto e ucciso giovedì sera sull'attraversamento pedonale di via Paoli, non è un caso isolato. Se non vogliamo che rimanga soltanto una tragedia senza senso, se vogliamo trarre qualche insegnamento da questo dramma, a vantaggio dell'intera comunità comasca, quella per cui Gregorio si è sempre adoperato... Allora bisogna fare qualche riflessione e compiere tutti uno sforzo perché le strade smettano di essere una sorta di far west, da cui i pedoni inermi rischiano di non tornare vivi.
Lo scorso anno toccò a un'altra persona piuttosto nota in città, Vera Verin, maestra elementare di 58 anni che ha cresciuto generazioni di comaschi. Anche lei falciata su un attraversamento pedonale che conosceva molto bene: quello di via Giulio Cesare, sotto casa sua. Altri episodi sono finiti meno tragicamente, ma purtroppo non sono pochi i comaschi che possono vantare - si fa per dire - un familiare o un amico investito sulle strisce.
È una tendenza nazionale, come detto, denunciata alla fine del 2011 dal presidente dell'Aci, il comasco Enrico Gelpi, con la forza dei numeri: dal 2001 al 2010 si sono contati oltre 8.000 morti e 205.000 feriti tra i pedoni, e il peso percentuale degli investimenti sul totale degli incidenti stradali è in aumento (dal 7,2% del 2001 al 9,1% del 2010). Non solo: tra gli incidenti fatali per chi va a piedi, uno su quattro è avvenuto sulle strisce.
Così le "zebre" eternate dai Beatles sulla copertina di "Abbey Road", che tante polemiche ha suscitato negli anni per la presunta allusione alla morte di Paul McCartney, sono tornare a far discutere. La Federazione internazionale dell'automobile ha testato dal 2007 ad oggi, nell'ambito di un progetto europeo, oltre 800 attraversamenti di 46 città in 22 stati Ue. E circa il 20% è stato giudicato inadeguato per la sicurezza dei pedoni.
Gli esperti hanno proposto delle soluzioni tecniche: dal countdown che indichi il tempo a disposizione per l'attraversamento, a un'illuminazione stradale dedicata. È stata riscontrata anche una preoccupante correlazione tra la scarsa durata del verde e il numero di metri al secondo che è in grado di percorrere un anziano: spesso il tempo non gli è sufficiente per arrivare dall'altra parte della carreggiata.
Ma non è solo un problema di anziani e fasce deboli. Alla fine di ottobre a Tavernola è stato investito sulle strisce un ventenne che faceva jogging. Non è soltanto una questione di visibilità e di tempi semaforici, ma anche di rispetto per il prossimo, di non farsi prendere dalla frenesia di questa società che ci spinge a correre sempre. Dare la precedenza ai pedoni che attraversano è una regola civile (a non farlo si rischiano multe fino a 613 euro e 8 punti patente) e soprattutto morale. E il piede dell'istruttore che a scuola guida frenava per noi, se ci dimenticavamo di rispettarla, deve diventare il piede della nostra coscienza.
Pietro Berra




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