Rimborsi
c'è anche
una questione
di coscienza

Sembra di vederli. Da una parte le cene in questo caso si, eleganti. Musica di sottofondo : «Brigittebardotbardotbrigettebardotpeugeot». Dialoghi soffusi: «Una grattata di tartufo, commendatore? È di Alba», «Magari un po' di caviale. Del Caspio naturalmente». Dall'altra una famiglia seduta davanti a un desco del tutto ordinario, con sullo sfondo il telegiornale che ricorda come tutti debbano fare sacrifici, che discute del problema dell'assistenza al figlio, alla figlia, al papà o alla mamma con problemi di disabilità. Perché la Regione ha tagliato i fondi e, di conseguenza, sono aumentate, e di brutto, le rette per garantire l'assistenza.
Si possono fare tutti i distinguo possibili: si tratta di altre poste di bilancio, è colpa dello Stato che ha ridotto i trasferimenti. Ma alla fine i soldi sono gli stessi. L'istituzione che li eroga è la medesima. Il Pirellone dà il via libera ai rimborsi per le cene con i tartufi, per i libri sulle signorine di costumi un po' leggeri, per le cartucce da caccia spacciate per cartucce della stampante (la balla più spaziale degli ultimi mesi dove pure le bugie non sono mancate), per i 100 invitati al pranzo di nozze della figlia di Stefano Galli, capogruppo della Lega, per i videogiochi a pie' di lista, per i quasi 1900 commensali di Gianluca Rinaldin, consigliere del Pdl, per gli ormai leggendari tuberi di Giorgio Pozzi, ex assessore e consigliere anche egli di quel che resta del partito di Berlusconi, che richiamano una vecchia pubblicità, quella di Tartufon un dolce di moda nei favolosi anni Ottanta, da cui deriva il disastro di oggi.
Questo Pirellone è lo stesso che dice alle famiglie dei disabili che deve tagliare loro i fondi per l'assistenza. E, quel che è peggio, rifila loro un contentino dall'indigesto sapore elettorale. Poi arrangiatevi.
Soprattutto per questo motivo, oltre agli altri, non si può far finta di niente di fronte allo scandalo di Rimborsopoli. Il problema non è la sorpresa. Ormai dai nostri (?) politici siamo abituati ad aspettarci di tutto. E neppure la rilevanza penale delle note spese dei consiglieri che magari neppure si concretizzerà.
E il malcostume e il disprezzo (magari non esplicito ma non conta), che non è accettabile nelle leggerezze dei comportamenti di coloro che rappresentano un'istituzione.  Sarà anche colpa del meccanismo legislativo, della carenza dei controlli, dell'occasione che fa sempre l'uomo qualcosa. Di fronte al gelido parallelo tra i tartufi e lo champagne e coloro che magari devono levarsi il pane di bocca per consentire ai propri figli sfortunati di vivere una vita meno peggiore possibile, non ci sono giustificazioni che reggono. C'è la coscienza di chi non può non sapere che il bilancio della Regione non è più quello del passato. E se prevale la logica per cui i sacrifici toccano sempre agli altri, non basta lo champagne per dimenticare.
Certo a volte per mantenere la coscienza immacolata può anche bastare non adoperarla mai. Sarebbe però opportuno che, magari in questi giorni dedicati a riflessioni molto più alte delle meschinerie di Rimoborsopoli, qualcuno dei protagonisti dello scandalo alla coscienza ci mettesse mano. Può anche essere che possa aiutarlo ad  arrivare alla conclusione che, al di là degli esiti giudiziari della vicenda, forse non è più opportuno mettere in mostra la faccia di fronte agli elettori.
Francesco Angelini

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