È tutto uno spararle grosse su tasse che possono diminuire e ricette improbabili per uscire dal tunnel dalla crisi, materia in cui l'ex premier è un maestro inarrivabile. Quello che si è adeguato meglio all'andazzo corrente sembra proprio essere Monti che dopo aver abiurato la sua Imu, ha fatto outing, accusando la maggioranza parlamentare che lo ha sostenuto. Manca che aggiunga una litania sugli scarsi poteri del presidente del Consiglio ed è fatta.
Se Bersani e lo stesso Professore si trovano costretti ad apparecchiare un inciucio indigesto a entrambi, il merito o la colpa (anche qui giocano le preferenze politiche) è sua, del redivivo Cavaliere rimontante o presunto tale, del ranocchio ritrasformato in principe dal bacio bislacco di Santoro.
Alla fine, quella che sarebbe dovuta essere la prima elezione della Terza Repubblica, rischia di trasformarsi nell'ultima (?) della Seconda. Il solito uno contro tutti: il Cav e i suoi accoliti da una parte, il groppone sfrangiato, variegato e disunita dall'altra. Neppure ha bisogno di vincere Berlusconi. Gli basterà avvelenare i pozzi del Senato con il prezioso supporto del Porcellum, l'unica legge elettorale al mondo ideata per fare perdere le elezioni. Se poi dovesse contribuire al tris della Lega con le ramazze spuntate nelle Regioni più opulenti del Nord, sarebbe come portare i rossoneri in zona Champions League.
Del resto, il Cavaliere è come la Virna Lisi dei Caroselli d'antan. Con quella bocca può dire ciò che vuole: che Balotelli è una mela marcia che magari finirà nel cesto del Milan. Che la Lega non gli ha consentito di governare a palazzo Chigi ma resta il suo miglior alleato. Che dalle liste del Pdl devono star fuori inquisiti e condannati, ma il capolista al Senato in tutte le Regioni e uno che ha una condanna in primo grado e due processi aperti, per tacer delle prescrizioni: lui.
Alla fine, però, la colpa o il merito, non è tutta di Berlusconi. È che agli italiani, nonostante la dura realtà della crisi, piace ancora cullarsi nei sogni mostruosamente proibiti come quelli che riesce a veicolare il Cavaliere via etere. Perché il riformismo, sia sul versante progressista sia su quello liberaldemocratico è un pane duro. E bisogna far fatica. Allora meglio adagiarsi sulle facili promesse, ammiccare al Grillo urlante e al giustizialismo pasta e sarde di ingoia, tendere all'utopia vetero sindacalista di Fassina e Camusso, ai soldi del Monopoli che restano in Lombardia di Maroni. Se lo spettacolo deve continuare perché tenere lontano dai riflettori colui che meglio di tutti lo sa interpretare? Tanto in Italia, si sa, tutti danno il meglio in campagna elettorale. Il governo è solo una parentesi, neppure rosa, tra un'elezione e l'altra.
Francesco Angelini
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