Un segnale preoccupante di quanto la crisi economica sia ormai un problema di emergenza sociale. Per molti una strada senza ritorno che costringe a decisioni disperate e dalle conseguenze imprevedibili. La conferma è arrivata ieri nel corso dell'incontro in prefettura che ha fatto il punto sui reati commessi nel 2012. Una vera escalation soprattutto per furti e rapine ma con una sottolineatura che allarma e interroga. «Abbiamo conferme dalla Procura della Repubblica- ha detto il prefetto Michele Tortora- che gran parte delle segnalazioni di reato riguardano furti anche modesti. Dalla scatoletta di tonno alla confezione di wurstel, per mettere insieme il pranzo con la cena. Il tema della sicurezza e quello della marginalità sociale, oggi sono legati indissolubilmente». Con una conseguenza ancora più grave. Il sistema del welfare nella nostra provincia è ormai saltato. Vuol dire, come ha sottolineato lo stesso prefetto, che non è più pensabile che siano gli enti locali a farsi carico dell'emergenza sociale. La speranza è restare aggrappati allo straordinario lavoro portato avanti dal volontariato.
Sono affermazioni che spalancano un orizzonte sconosciuto. Lo Stato alza bandiera bianca. La crisi economica sta producendo un esercito di disperati, pronti a rischiare la galera per dar da mangiare ai figli, e chi dovrebbe garantire a questi disperati un paracadute di solidarietà e di prospettiva, dichiara la resa.
E sempre ieri si scopre un'altra piaga, quella dei minori abbandonati. Bambini e adolescenti scaricati davanti al comune o alla questura. Per la maggior parte stranieri, ma anche italiani. I genitori non riescono più a mantenerli. Sanno che la legge impone al comune, in caso di abbandono, di farsene carico. Solo l'amministrazione di Como spende un milione di euro all'anno per mantenerli. E l'emergenza cresce, giorno dopo giorno.
Mentre a Roma si celebrano gli inutili e fastidiosi riti della politica, mentre comici e politici di professione, professori e premi nobel, compiono il loro tragico teatrino, nel Paese, nelle nostre città, si consuma un dramma che non ha più tempo di aspettare. La crisi ha prodotto una disperazione che ha già superato la soglia dell'allarme sociale. Per tanti che restano senza lavoro e senza prospettive, compiere reati diventa una scelta disperata. Si perde il lavoro, si perde ogni sicurezza. Di fronte c'è il buio, non ci sono più reti di solidarietà e quelle poche che ci sono, non sono in grado di reggere l'urto. C'è il mutuo da pagare, le bollette, e c'è la fame. E se nessuno risponde, a quel punto saltano tutti gli schemi. E si può arrivare a rubare in un supermercato o magari ad abbandonare un figlio.
Detto questo non ci si può arrendere all'idea che questa sia una strada senza ritorno. Bisogna ricostruire la rete del welfare, rifinanziarlo, rivederne le regole. Ridare ai comuni la possibilità di essere di nuovo una porta aperta ai bisogni. Questa è la prima responsabilità di chi sarà chiamato a governare. Nessun cittadino può essere privato della speranza. Lo Stato non può alzare bandiera bianca, non può arrendersi. Lasciamo perdere i teatrini, c'è un Paese ridotto alla fame, che aspetta risposte e non ha più tempo di aspettare.
Massimo Romanò
© RIPRODUZIONE RISERVATA