Il bello è che fra tanti suoi predecessori che avrebbero fatto carte false per il secondo settennato sul Colle, la rielezione sia toccata proprio a lui che aveva detto in tutte le salse di non tenerci affatto. Anche perché un altro record di Re Giorgio è quello di essere, con i suoi 88 anni da compiere il prossimo 29 giugno (la stessa data in cui nacque, tra gli altri, Giacomo Leopardi), il più anziano presidente eletto della Repubblica italiana. Pertini, all'epoca della sua salita al Colle ne aveva 82 ed era già dipinto come una sorta di Matusalemme.
Alla fine, il Parlamento più giovane della storia Repubblicano, quello figlio anche della cultura rottamatrice di Renzi e dei grillini, è stato costretto a offrire la massima carica dello Stato italiano a uno dei più anziani politici in attività.
Sono davvero saltati tutti gli schemi. Il problema è che Napolitano, non per colpa sua, anzi, grazie alla sua generosità, si vede costretto a trasformarsi in una gigantesca foglia di fico che copre le vergogne di un sistema dei partiti che vive una crisi irreversibile. A cominciare (c'è bisogno di dirlo), proprio dalla forza politica - il Pd - i cui dirigenti in disarmo sono dovuti andare a pregare in ginocchio il capo dello Stato dopo le umilianti e vergognose vicende delle candidature impallinate di Marini e Prodi.
La vittoria dell'ex discepolo di Giorgio Amendola è orfana di padri. Non è un successo di Berlusconi non fosse altro perché, alla fine, il Cavaliere neppure ha dovuto scendere in campo. È rimasto lì a godersi gli autogol dei suoi avversari a cui non basterà un congresso dei lunghi coltelli per rimettersi in sesto. Questa è una botta da cui il Pd non si riprenderà più.
Purtroppo le nefandezze di Bersani, D'Alema e compagnia stonante ricadranno anche sul Paese. Il presidenzialismo di fatto, sancito con il bis di Napolitano, prevede una sola strada: quel governo di larghe intese con dentro Pd, Pdl e Scelta Civica e fuori Sel e soprattutto il movimento 5 Stelle a cui non par vero un simile regalo. Proprio quando sembrava che la creatura di Grillo e Casaleggio mostrasse le prime crepe ci hanno pensato gli altri a rimetterla in piedi e il governissimo, magari guidato da un altro reduce della Prima Repubblica come Giuliano Amato (questa sarebbe la volontà di Napolitano) sarà un fertilizzante per la crescita elettorale dei pentastellati. Il presidente della Repubblica (altro primato di Napolitano) potrà disporre di un potere che nessun inquilino del Quirinale (neppure lui nel primo mandato) ha mai avuto e detterà l'agenda al governo tenendola sotto la sferza di una minaccia di dimissioni che getterebbe la politica nel caos o di scioglimento delle Camere che farebbe crescere in maniera esponenziale il consenso del movimento 5 Stelle.
Purtroppo, ieri, si è vista un'altra scena inedita. Mai si erano registrate manifestazioni di piazza in occasione dell'elezione di un capo dello Stato. Fotogrammi da Sudamerica, un pessimo viatico per una fase politica che appare un salto nel buio.
Francesco Angelini
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