Chi comanda davvero
è l’onorevole spread

E pensare che se non ci fosse stato Salvini ci sarebbe ancora Salvini. È questo il “Comma 22” (“Chi è pazzo può essere esentato dalle missioni di guerra, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di guerra non è pazzo”) della crisi più assurda del mondo. Adesso è finito il divertimento e siamo ripiombati nella noia della routine politica, delle promesse, dei programmi che chissà se e come saranno realizzati e delle scommesse sulla durata del governo giallorosso. Eppure quella della neonata alleanza sembra una macchia destinata ad allargarsi. Se, come tutto fa pensare al di là della scontata pretattica, Pd, Cinque Stelle e Leu si presenteranno in qualche modo uniti alle prossime elezioni in varie regioni, sarà dura dare lo sfratto a Conte da palazzo Chigi. Per questo sale l’inquietudine nell’opposizione e in particolare nella Lega che rischia sempre di più di fare la fine di quel tipo di Lodi che ha vinto al Superenalotto 209 milioni senza averli ancora incassati.

La Pontida di domani sarà un bel termometro per provare la temperatura del movimento di Matteo Salvini, sempre più al centro di malumori, nonostante le pubbliche attestazioni di stima. Ma se il potere logora chi non ce l’ha, figurarsi quanto Cynar (il famoso aperitivo pubblicizzato da Ernesto Calindri contro il logorio della vita moderna) dovrà ingollare chi ha perso la poltrona e anche coloro che rischiano di non conquistarla alle regionali a causa del nemico che si compatta. A parziale giustificazione del leader leghista che, secondo Carlo De Benedetti avrebbe sfiduciato il Conte uno perché “accaldato” al Papeete di Milano Marittima, destinato a entrare nel Pantheon dei luoghi politici assieme a Piazza del Gesù, Botteghe Oscure, Arcore e la medesima Pontida, c’è un dato che è sotto gli occhi di tutti e rappresenta il vero padrone di qualunque governo: lo spread.

Fino a pochi anni fa questa parola era pronunciata solo nei circoli accademici degli economisti, gli unici attenti a misurare la differenza tra i nostri titoli di Stato e quelli della Germania, locomotiva d’Europa. Poi, con la lunga crisi economica, lo spread è sceso in politica con un ruolo da protagonista. È stato lui, infatti, a determinare la prematura fine di quello che, con ogni probabilità passerà ai posteri come l’ultimo governo guidato da Silvio Berlusconi. E dopo aver condizionato ogni giorno la vita dei successivi esecutivi, ha dato una spinta decisiva anche al varo del Conte due. È bastato che, nel giorno dei 20 punti programmatici scaraventati come un macigno da Di Maio sull’ultimo giro di consultazioni al Quirinale, l’indice riprendesse a salire dopo giorni di tranquilla discesa per dare un decisivo colpo di acceleratore alle trattative.

Lo spread, con il governo gialloverde non è mai stato molto tenero. Poche discese ardite e molte risalite nei quattordici mesi del Conte Uno. Forse, proprio per questo e in vista di una manovra impossibile con le promesse sulla flat tax e l’imperativo di non far aumentare l’Iva, Salvini ha tentato l’azzardo: una mossa disperata per avere quelle mani libere che Conte e Tria non gli avrebbero mai lasciato in materia economica. Alla fine insomma, potrebbe essere stato anche in questo caso lo spread ad aver contribuito a determinare il destino di un altro governo. Chissà. Con ogni probabilità non sapremo mai la verità sul quel fatale 8 agosto con il sassolino della sfiducia che ha messo in moto la valanga del nuovo governo, dell’Europa che ci ha fatto rientrare dalla porta principale dopo che ci stava buttando fuori dalla finestra, di Renzi tornato a dare la carte dopo parecchi mesi passati a contemplare il due di picche che gli era rimasto in mano, con il Pd zingarettiano che ha visto all’improvviso accorciarsi la sua traversata nel deserto. Ma di certo lo spread ci ha messo lo zampino. Intendiamoci spread vuol dire fiducia dei mercati, che per l’Italia è una sorta di bombola a ossigeno visti i numeri del debito pubblico. Insomma siamo stati noi, anzi i politici che hanno governato il paese negli ultimi 30 anni a rendere decisivo il ruolo delle spread. Ma così è, che vi piaccia o no. E il nuovo governo faccia attenzione. Perché lo spread non ama le lune di miele troppo lunghe e ai fiori predilige le opere di bene. Insomma, terminata “poltronissima” con la nomina dei vice ministri e dei sottosegretari, è ora di mettersi alla stanga. Altrimenti a stangare sarà ancora lui, l’onorevole spread.

@angelini_f

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