Come salvare la fontana?
Il dibattito è aperto

la chiamano la fontana dei cerchi e viene spesso evocata quando si vuole dare un’indicazione stradale a chi viene in auto per la prima volta a Como. L’opera razionalista di Cesare Cattaneo e Mario Radice, omaggio alla pila di Alessandro Volta, sarà nuovamente visibile da martedì. Terminato il restauro, saranno tolti i ponteggi e la scultura bianca tornerà come punto di riferimento nell’urbanistica e nella viabilità comasca.

La fontana, però, è malata dentro. I materiali con i quali è stata costruita la rendono vulnerabile all’acqua piovana e allo smog. Tra dieci anni si dovrà intervenire nuovamente. Allora che fare? L’assessore Daniela Gerosa opportunamente pone il problema e suggerisce di affrontare la questione già ora senza indugiare per non arrivare troppo tardi.

Le questioni sono due: i materiali e la localizzazione.

Esposta alla Triennale di Milano, la fontana è stata costruita dalla Badoni di Lecco e poi installata nella piazza di Camerlata negli anni Sessanta. L’opera è strutturata in un modo elegante ed esteticamente accattivante ma dal punto di vista funzionale ha molti punti deboli e il più grave è proprio nei componenti usati. In breve, ha bisogno di continue e costose manutenzioni e richiederebbe un isolamento per proteggerla. Da qui la prima domanda: non è il caso di ricostruirla con i materiali che la tecnologia mette oggi a disposizione e che consentirebbero di garantirle un futuro sicuro riducendo gli interventi di conservazione?

Rifarla? E l’originale? Lo si smonta e lo si colloca da un’altra parte oppure lo si considera perduto per sempre? E se lo si sposta, dove, in quale luogo protetto? Mantenere la struttura attuale, pur trasferendola altrove, vorrebbe dire che in piazza Camerlata vi è una copia dell’opera di Cattaneo e Radice. Accettiamo l’idea di una copia?

E qui si presenta la seconda domanda: è pensabile spostare un’opera d’arte dal sito dove l’autore l’ha pensata? Se notate la questione ha appena alimentato un acceso dibattito in città per il monumento Libeskind, anch’esso omaggio a Volta. Alcuni , non pregiudizialmente contrari al progetto, sostennero che la collocazione nel tondello della diga era inopportuna perché inserita in un contesto di alto valore paesaggistico e dunque intangibile e inviolabile da nuovi inserimenti visivi. Daniel Libeskind rispose che aveva pensato il monumento proprio lì, giocando con i riflessi dell’acqua del lago, e che un altro luogo avrebbe intaccato il significato e il valore dell’opera.

Lo stesso discorso vale per la fontana razionalista di Camerlata. Cattaneo e Radice la pensarono lì perché rappresentava la pila di Volta, il dono più grande di Como all’umanità e doveva essere visibile all’ingresso della città. Quindi, all’incrocio delle strade principali d’accesso alla convalle: la piazza di Camerlata.

Oggi, forse, questa funzione non è più garantita perché i confini della città si sono allargati e altre sono le porte d’ingresso, vedi Lazzago dove non a caso vi è un’altra, pur discussa, opera.

Quando Cattaneo e Radice immaginarono lì la fontana non vi era neppure il traffico automobilistico esploso con la motorizzazione di massa. L’opera, nei primi anni, dovette apparire molto più fruibile dalle persone. Non vi sono, peraltro, percorsi pedonali che la raggiungano e chi oggi prova ad avvicinarsi per ammirarla da vicino lo fa correndo un alto rischio di essere investito. Una scultura richiede di essere guardata da tutti i lati e in alcuni casi, come questo, di essere attraversata. Forse anche questo è un aspetto da tenere in considerazione nel valutare il futuro della fontana di Camerlata. Se ne discuta con competenza e passione. E soprattutto con serenità. Il dibattito è aperto.

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