Governo in gioco
su due partite

Le convulsioni parlamentari sulla decadenza diSilvio Berlusconi sono il sintomo di una doppia impotenza: quella di un Pdl spaccato a metà che non riesce a ritrovare l’unità interna nemmeno nella difesa del suo leader; e anche quella del Pd che schierandosi in modo irriducibile per il voto palese in aula dimostra implicitamente di temere un’imboscata di franchi tiratori che, su un terreno così esplosivo, manderebbe in pezzi il partito.

Certamente per il governo il fronte più pericoloso è quello alla sua destra. I fedelissimi del Cavaliere,

assimilando il voto in Giunta del Senato ad un plotone d’esecuzione o ad una

vera e propria ordalia politica, hanno un obiettivo preciso: costringere i cosiddetti “governativi’’ ad accettare un metro di giudizio che renda di fatto impossibile la convivenza con i democratici nella stessa maggioranza. Lo stesso Enrico Letta è accusato di atteggiamenti pilateschi. Il punto di caduta dovrebbe essere il documento Fitto da presentare al prossimo Consiglio nazionale, sul quale tutte le colombe sono chiamate ad allinearsi. La prima conseguenza è che Angelino Alfano è stato costretto a preannunciare battaglia in Parlamento prima del voto definitivo sulla decadenza: ci sarà ancora un tentativo di chiedere lo scrutinio segreto in aula, ma il vero rischio è che il clima si infuochi a tal punto da rendere insormontabile l’incomunicabilità tra i due poli. Il timore degli alfaniani è soprattutto che in questo modo il partito della crisi segni punti a proprio vantaggio. Le liti nella maggioranza aiutano chi punta alle elezioni in primavera, uno schieramento eterogeneo che unisce gli oltranzisti del centrodestra ai grillini e forse allo stesso Matteo Renzi il quale ha più volte preannunciato la fine della parentesi delle larghe intese.

In questo scenario Berlusconi non sembra ancora avere preso una decisione definitiva. La sua ira nei confronti di quanti lo hanno illuso sulla possibilità di evitare la decadenza si può capire, però non ha torto Gaetano Quagliariello quando ricorda che essa dipende dalla sentenza ’’ingiusta’’ della Cassazione e non dalla legge Severino: se la pena accessoria non fosse stata ridotta (con conseguente allungamento dei tempi), il Cavaliere avrebbe già dovuto rinunciare al suo posto di senatore. La battaglia del Pdl ha valore di testimonianza politica ma non può andare oltre una certa soglia.

Le colombe osservano con allarme la nascita di una maggioranza alternativa Pd-Sc-Sel-M5S che, in caso di crisi, potrebbe votare una riforma elettorale negativa per il Pdl e poi tornare alle urne. Perciò non hanno intenzione di farsi inchiodare in una trincea senza sbocchi. Roberto Formigoni dice esplicitamente che tutti difenderanno Berlusconi, ma non a danno del Paese: è già pronto un documento da contrapporre a quello dei lealisti in Consiglio nazionale che difende la stabilità, indica nel superamento della crisi economica la prima priorità e che raccoglierebbe almeno un terzo dei parlamentari e dei consiglieri nazionali. Se queste cifre sono vere, costituiscono la dimostrazione che la scelta del Cavaliere è tra una strategia di lungo periodo per il rilancio di un partito ricompattato (ma guidato da chi?) e il tentativo di far cadere subito il governo.

Obiettivo quest’ultimo per il quale tuttavia non ha i numeri e che lo relegherebbe a destra nelle sue posizioni fortificate ma prive di collegamenti.

Nel Pd la battaglia non è meno aspra, sebbene si svolga sotto la superficie. Dopo la sua accelerazione su sindacati e riforma del lavoro, Renzi ha spiegato che, con il tramonto dell’era berlusconiana, è giunto anche il momento di mettere mano alla riforma della giustizia e alla responsabilità civile dei magistrati. Il sindaco rottamatore allarga sempre più il suo orizzonte politico al centro con grande disappunto della sinistra che capisce trattarsi di una vera rivoluzione copernicana: le battaglie per la supremazia ormai si svolgono quasi esclusivamente su questo fronte e ciò marginalizza la vecchia classe dirigente postcomunista. Dunque il congresso sarà giocato senza esclusione di colpi: il tentativo di Letta di tenere il governo ai margini di questa partita potrebbe rivelarsi più complicato del previsto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA