I Morti in vetta
e il senso dell’osare

topografo ottocentesco, il Mount che ’l desgiascia o il Munt de giascia, monte che si scioglie o monte di ghiaccio, è diventato il Monte Disgrazia. Sulle sue pareti e sulle sue creste, non ci sono stati più incidenti rispetto a quelli accaduti su altre vette dai nomi più poetici e accattivanti come il Monte Rosa o il Monviso; ma ieri il Disgrazia sembra aver voluto rivendicare anche l’ingiusta associazione fra il suo nome e la sventura.

Quattro scalatori hanno perso la vita nei pressi della vetta precipitando per circa 700 metri lungo l’intero versante meridionale. Sulla dinamica dell’incidente è ozioso fare supposizioni perché, come spesso accade in questi casi, le variabili possono essere molteplici. Erano alpinisti preparati: lo dimostra la tabella di marcia della loro progressione. Si stavano allenando per salire il Monte Bianco e nonostante l’estate poco propizia avevano alle spalle già molte ascensioni. La giornata non era sicuramente delle migliori, sopra i 3.000 metri di quota c’è molta più neve del solito e la temperatura, non certo rigida, ha sicuramente reso meno stabili i pendii e le cenge innevate. È un terreno subdolo e molto insidioso, ma quando si è in allenamento, si sorvola sul fatto di poter ammirare o no il panorama e qualche difficoltà in più è quasi ricercata per mettere alla prova le nostre capacità. Il problema è che, spesso e volentieri, il terreno facile, proprio perché tale, ci trae in inganno e ci fa trascurare quei minimi espedienti che potrebbero essere determinati per salvare la cordata. Molto probabilmente i quattro procedevano “di conserva”, cioè contemporaneamente uno dietro l’altro, distanziati da una decina di metri di corda e la caduta di uno, ha trascinato tutti nell’abisso.

Come ho scritto, è inutile cercare spiegazioni, ma in certe scalate c’è un momento in cui si percepisce che andare oltre diventa un osare. Se si decide di proseguire, l’unica cosa da fare, è moltiplicare la nostra concentrazione e non temere di esagerare nell’utilizzare ogni mezzo per rendere efficace la catena di sicurezza della cordata, anche dove tutto sembra “facile”.

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