I tre giorni che sfidano
la città della quiete

Il comasco in coda non è un uomo felice. Si potrebbe obiettare che nessun uomo, in coda, è felice e che il comasco si limita a non fare eccezione. Vero, ma c’è di più: il comasco in coda (o altrimenti perturbato da rumore, disordine, sciatteria e parapiglia) è un uomo particolarmente infelice. Sarà il carattere, sarà un certo imprinting culturale: egli - ed ella - non gradisce la confusione, non a casa sua. Per questa ragione è sempre particolarmente critico con chi organizza, promuove, rilancia e in mille altri modi si ingegna per muovere le acque chete del pentolone cittadino.

Diciamolo subito: non ha tutti i torti. Caratteristica specifica di Como è la sua dimensione. Una volta si diceva “a misura d’uomo”: una definizione vaga ma rassicurante. Significava che muovendosi in centro si avevano poche ma assolute certezze, ovvero la garanzia di percorrerlo da un capo all’altro in dieci minuti e, salvo rare ricorrenze (lo shopping natalizio) senza necessità di ficcare i gomiti nelle costole altrui.

Questo era il bello di Como: una città quieta, a suo modo elegante, un po’ sonnacchiosa ma sobria e affidabile. Il comasco in cerca di folla poteva benissimo fare un salto a Milano, o concedersi una vacanza a Londra o Parigi. Al ritorno, aveva la certezza di trovare la sua città pronta ad accoglierlo come un cappotto morbido, magari non all’ultimo grido, ma comodo e caldo.

Questa, in ultima analisi, costituiva la ragione di vivere a Como: tranquillità e sicurezza. Se questi pilastri dell’habitat cittadino vengono a mancare, Como non è più Como e non c’è ragione di rimanere.

Era giusto, secondo noi, ricordarlo sulla soglia di un weekend, questo, che si annuncia particolarmente intenso per la città: oggi l’inaugurazione di “The Life Electric” di Daniel Libeskind e la rassegna Orticolario a Villa Erba fino a domenica, giorno in cui le strade ( e qui temiamo l’insorgere dell’infelicità di cui sopra, specie quella degli automobilisti) saranno parzialmente chiuse per il passaggio del Giro di Lombardia di ciclismo. Per il comasco innamorato della quiete, e del tipico “understatement” della città, una sorta di incubo confuso, in cui i monumenti si muovono in bicicletta, alberi secolari vengono installati in piena diga foranea e uno stormo di ciclisti invade Villa Erba mentre Luchino Visconti sta schiacciando un pisolino.

Nell’esprimere solidarietà al comasco turbato, vorremmo fargli presente che tutto questo “accanirsi” di eventi nella sua città è in fondo una prova d’amore: l’arte - che può essere discussa ma mai ignorata -, l’amore per la natura e lo sport si danno appuntamento in un angolo di mondo capace di catturare i cuori ed esaltare l’immaginazione. Ci saranno disagi, contraccolpi e contrattempi: nessuno ne dubita. Ma weekend come quello in arrivo dimostrano che Como è un “brand” che piace al mondo e il mondo ne vuole un pezzettino. Saremo generosi abbastanza da concederglielo? Sì, se finalmente ci convinceremo che da questo dipende il nostro futuro.

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