Il fisco distratto
Nel paese dei furbi

Le norme italiane sono un incubo. Un dedalo inestricabile di lacci e lacciuoli nei quali si spera rimangano intrappolati i delinquenti. Ma che, invece, finiscono per far perdere il sonno esclusivamente a chi ha già altri motivi - in questi tempi di crisi - per non dormire sonni sereni. Questa è la Patria dei Tototruffa e dei Guido Tersilli dove la furberia (cioè la violazione della legge) è un’arte. Una patria in cui furto, corruzione e raccomandazioni imperano e, per quanto il legislatore si prodighi a rendere complicata la vita ai malfattori, questi hanno sempre un contro incantesimo pronto all’uso. L’ottimo Michele Sada ha scoperto - leggere a pagina 26 per credere - che lo scorso anno i comaschi si sono dedicati a un’inedita passione: la vendita delle loro auto di lusso all’estero. Audi, Bentley, Cayenne cedute ad acquirenti stranieri, evidentemente ansiosi di fare affari con gli automobilisti nostrani.

Un dato clamoroso dietro il quale si cela il più classico dei motti italiani: fatta la legge, trovato l’inganno. La norma in questione da ingannare riguarda il redditometro, ovvero l’elaborazione delle spese sostenute nell’arco dell’anno dai contribuenti, per poter verificare se queste sono compatibili con il reddito effettivamente dichiarato. Tradotto: se dichiari al fisco 16mila euro lordi all’anno e poi consumi ettolitri di benzina a bordo della tua fiammante e costosissima Mercedes e trascorri le vacanze in un resort a cinque stelle della Polinesia francese, forse - ma forse, per dirla con Epifanio, alias Antonio Albanese - nella dichiarazione dei redditi hai dimenticato uno zero. E lo Stato può legittimamente chiedere conto di questa “stranezza”.

Così, di fronte al rischio di dovere dare imbarazzanti giustificazioni agli uomini del fisco o peggio rinunciare allo status symbol, ecco l’alternativa: comprarsi la vacanza in un’agenzia viaggi svizzera e regalare una targa nuova alla propria vettura. La guardia di Finanza ha scoperto che molte auto di lusso vendute all’estero dagli italiani, in realtà tornano prontamente in possesso degli antichi proprietari dopo aver cambiato nazionalità. Quasi come fossero yacht di lusso battenti bandiera panamense. Per le auto non c’è bisogno di andare così lontano. Per loro basta l’Europa.

Provate a fare un gioco di osservazione, in questi giorni: contate le vetture di grossa cilindrata con targhe rumene o bulgare oppure polacche che viaggiano sulle nostre strade. Il risultato potrebbe sorprendervi. Negativamente, se anche voi - come la maggioranza dei comaschi - dichiarate fino all’ultimo centesimo al fisco e fate fatica a permettervi i libri della scuola dei figli.

Ora, è chiaro che non tutti i quasi 500 comaschi che hanno venduto l’auto all’estero nel 2012 lo hanno fatto per gabbare il fisco, ma coloro che lo hanno fatto per quel motivo e che ora si guardano allo specchio credendosi più furbi degli altri per aver scoperto un modo - clamorosamente non previsto dalla legge come reato, ma solo come un illecito amministrativo - per risparmiare su bolli, superbolli e imposte, in realtà altro non sono che dei ladri. Ladri che stanno rubando il futuro a questo Paese. Un Paese incapace di trovare contromisure serie e credibili.

Alla fine chi rischia di far la fila all’esterno dell’Agenzia delle entrate per dover spiegare i dati del redditometro saranno le persone che hanno perso il lavoro. «Dunque, mi faccia capire: ma se lei non guadagna nulla, come può permettersi di pagare la bolletta del gas?».

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