Pd, serve un Renzi
per far fuori Renzi

Meglio che giriate subito pagina, perché questo è un pezzo sul Pd, un argomento che non interessa più a nessuno e non a torto. Se però siete arrivati fino a qui, rispondete alle seguenti domande: vi siete accorti che c’è stata la direzione del Pd nei giorni scorsi? Avete appreso che Maurizio Martina da reggente è diventato segretario ma a tempo? Sapete che ci sarà un congresso e poi le primarie per eleggere il nuovo leader? Vi siete resi conto che Matteo Renzi è sempre tra i piedi?

Dite la verità, è rimasto di più nelle vostre menti uno di questi concetti o l’ultima sparata di Matteo Salvini sulla chiusura dei porti? La seconda che abbiamo detto, eh? Se è così avete capito tutto su quello che è il Pd adesso: un po’ come il caldo ma alla rovescia. Sapete, no, che la percezione della temperatura dà l’idea che questa sia più alta di quanto non è in realtà? Per il partito democratico è lo stesso. Non è più percepito dalla gente, ma, almeno in Parlamento e sulla base del voto del 4 marzo vale (sia pur di poco) più della Lega. Eppure… E non perché Salvini è al governo. Il Pd è stato alla guida del paese 5 anni e con tre presidenti del Consiglio: Letta, Renzi e Gentiloni. Ed è stato percepito solo durante il mandato del secondo, forse perché anche a lui piaceva spararle grosse. Tant’è che arrivato al 40% dei voti. Poi però non è più bastato neppure fare il gradasso, anzi gli si è ritorto contro. E il Pd è tornato il Pd di sempre.

Una cosa l’avrete colta di sicuro: stanno litigando tra loro. Anche questo aspetto per i piddini è come l’afa. Sembra più di ciò che è. Non che non si azzuffino, eh. Ma meno di quanto appaia. Cosi come hanno fatto anche cose positive che non sono arrivate all’elettorato.

Il problema del Pd, insomma è di farsi capire e ricostruire un’immagine positiva e vincente. Hai detto cotica!!! Già, l’impresa è tosta. Il rischio è di farsi risucchiare, elezione dopo elezione il consenso e quel poco radicamento che ancora è rimasto nella società. Però questo sarebbe il momento buono per farsi sentire. Finalmente il Pd è all’opposizione, e, poiché in 5 anni buona parte del partito ha fatto opposizione all’altra dovrebbero essere allenati. E farsi sentire. Non sarebbe difficile perché se c’è una cosa che non manca nel governo gialloverde sono le contraddizioni. Per ora restano dietro le quinte dell’attesa del cambiamento che i vincitori delle elezioni hanno saputo ammannire a buona parte degli italiani. Ma non durerà molto. E il Pd che fa per prepararsi al momento in cui potrà fare la voce grossa? Nulla. Pensa al congresso e alla primarie non come l’occasione per costruire una linea politica chiara, alternativa a quella (o a quelle) del governo e per scegliere un leader forte che sappia competere anche sul piano comunicativo oltre che su quello politico con Matteo Salvini. No, vede i prossimi due appuntamenti che precederanno un’altra elezione epocale per quello che sta avvenendo: la scelta del nuovo Parlamento europeo, come l’ennesima resa di conti tra renziani, anti renziani, non renziani, renziani pentiti, renziani dissociati. Nessuno pare capire che per gli italiani non vi è nulla di meno importante di questa cosa.

Allora il paradosso è che per il Pd ci vorrebbe un altro Renzi che faccia fuori Renzi. Sì, uno che come Matteo elimini l’estabilshment, si prenda tutto il partito e parta lancia il resta per la traversata del deserto. Che questa carovan serraglio (il gioco di parole è voluto) rancorosa, spompata, velleitaria e bollita, rischia di non riuscire neppure a iniziare.

@angelini_f

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