Promozione sul campo
E fuori dal campo

Li avevamo messi via, ben piegati e profumati. Ci avevamo pensato, prima in settimana e poi ancora ieri mattina, ma non li avevamo toccati. “Vuoi mai che…”. È vero, candidamente lo ammettiamo: nel giorno in cui il Como, un po’ a sorpresa per l’anticipo, ha vinto il campionato, noi abbiamo lasciato vincere la scaramanzia. E, allora, i vessilli li abbiamo tirati fuori dal cassetto solo al fischio finale di Mantova.

Che, scherzi del destino, è arrivato almeno sei minuti dopo quello del Sinigaglia.

Como torna a cominciare per C. La serie che ha iniziato a sognare proprio quando ha smesso di disperarsi, ossia dopo il fallimento e l’illusione della brevissima e dimenticabilissima parentesi Essien. Ha sperato quando ha visto che si poteva fare, quando la Figc ha concesso di ripartire dalla D e quando le facce – tra un cambio di protagonista e l’altro – cominciavano a essere un po’ più note. Primo fra tutti quel Ninni Corda che da queste parti c’era già stato e questi colori aveva già portato Lega Pro.

Ma siccome non si può essere tifosi azzurri se prima non si è (ben) abituati a soffrire, ecco passarci via una promozione, nella stagione scorsa. Prima persa sul campo contro la rivelazione Gozzano (ma ripensare a quanto accaduto nell’ultima e decisiva giornata fa ancora buttar via la testa). Poi riacciuffata per la strada dei playoff (che non valevano la promozione, ma un posto al sole nella graduatoria dei ripescaggi) e quindi ripersa con la manfrina della fideiussione che «fai tu, no faccio io, non fa nessuno perché ci presentiamo con i contanti che valgono lo stesso, se non di più». Invece sono valsi così tanto, che la domanda non è stata nemmeno accolta e la squadra è così stata ri-cacciata nell’inferno dei Dilettanti.

Da lì, volenti o nolenti, si è ripartiti. Con un grosso vantaggio in più (poter programmare il mercato per tempo e non più in extremis), ma anche con uno svantaggio non di poco conto (basta girone occidentale, più agevole, e raggruppamento con Mantova e Rezzato, a loro volta disegnate per vincere e salire tra i professionisti). E siccome si è nati per avere a che fare con le imprese non facili, eccoci subito a remare contro tutto e tutti. Compresa qualche magagna sorta qua e là tra i soci (presidente Massimo Nicastro e amministratore delegato Roberto Felleca) a tenere bello vispo un ambiente che, dal canto suo, il direttore tecnico Ninni Corda – questione di carattere e atteggiamenti – non aveva mai lasciato nella bambagia.

Non ci si è fatti mancare nulla, allora. Come è giusto che fosse. Nel bel mezzo, anzi nel finale, anche un cambio di proprietà: avrebbe potuto destabilizzare l’ambiente, se non fosse stato forte come quello che mister Marco Banchini aveva creato nelle quattro mura dello spogliatoio, si è invece trasformato in un autentico volano nello sprint a due con il Mantova. Mantova che, dopo la spallata ricevuta nello scontro diretto al ritorno (vinto dal Como al Sinigaglia), è definitivamente crollato ieri, con una giornata d’anticipo, grazie ai quei maestri di sportività che sono i valtellinesi del Sondrio, andati in trasferta a portarsi via un punto che non cambia il loro destino, ma che dà ancora più lustro a una cavalcata impressionante, e da matricola.

Si è vinto sul campo, e non potrebbe essere altrimenti, ma una volta tanto si è vinto anche fuori, a cominciare dalla società per arrivare a tutto l’ambiente. Tirato sempre come una… corda (e il riferimento non è casuale) di violino, poco amato dagli avversari, questo gruppo non ha fallito e, al secondo tentativo, ha fatto rinascere una società che, in questi ultimi anni ne ha viste tante e di tutti i colori e che non meritava l’ennesimo fallimento, anche se fortunatamente stavolta soltanto sportivo.

Il Como ha vinto, viva il Como. Che sia il Como dell’americano e dei sardi o quello degli indonesiani, poco conta. Ora bisogna ripartire da queste basi. Non commettendo gli errori del passato. Vincere per cambiare tutto, spesso non paga (ce lo insegna, tra l’altro, l’ultima avventura in B). Allora, fiducia in questo gruppo che soddisfazioni, punti e gol ne ha offerti in quantità durante questo biennio. Le fondamenta ci sono, e ben piantate, basta solo lavorarci un po’ attorno per rafforzarle, prepararsi ai venti contrari della serie C, ma avere anche il coraggio di affrontare la nuova sfida. A testa alta. Senza paura. E con orgoglio. Siamo a non siamo il Como? Essere tornati non basta più. Via, quindi, verso nuovi traguardi.

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