Se Como riscopre
il lavoro in Svizzera

Un paese, non con la “P” maiuscola che identifica uno Stato, ma con quella minuscola di una comunità intera di 3500 persone, come ce ne sono tante.

Di che cosa di parla? Dei frontalieri che fruttano a Como 3 milioni di euro. Mai stati così tanti, almeno da quindici anni a questa parte, mai un numero così grande di residenti a Como ha scelto di passare ogni giorno la dogana per andare a lavorare in Svizzera, in Ticino.

E Como sorride, nel senso che nelle casse del Comune sono in arrivo milioni, tre, di euro di ristorni. Capiamoci. I 3500 frontalieri valgono
circa 916 euro ciascuno in ristorni , cioè in denaro che Como per la prima volta riceverà dallo Stato. Per altri Comuni del Comasco incassare i ristorni è cosa consueta, non per il capoluogo per il quale è un regalo vero.

Come vero è che quei soldi - concessi a chi ha più del 4% dei propri cittadini che lavorano oltre il confine - non possono essere usati a piacere. Dunque, tre milioni che arrivano, tre milioni che devono essere per forza usati per servizi e infrastrutture utili ai cittadini: strade, trasporti, viabilità, scuola. E menomale. Ma attenzione, questo denaro andrà a coprire le spese per interventi già previsti. Lo dice il sindaco. Davvero una buona notizia. Basta quindi con il piagnisteo dei soldi che non ci sono. I tre milioni dei frontalieri non serviranno certo a rovesciare Como come un calzino, ma a fare un bel po’ di quello che serve sì. Lucini, il sindaco, non è avaro di dettagli, dà cifre esatte di come destinerà i soldi che incasserà grazie al lavoro dei frontalieri.

Ottimo. Un arrivo di soldi che è stato spinto dal capogruppo di Adesso Como Mario Molteni in un passato consiglio comunale. Fino a quel momento di frontalieri in città non se ne parlava, pareva affare dei Comuni di confine. La città non dava lavoratori oltre il 4% della sua popolazione alla Svizzera.

Che fosse un’isola felice in quanto a occupazione? Può essere, allora che succede? Si deve ringraziare la crisi che ha spinto tanti a cercare lavoro di là? In parte sì, ma l’euforia va pesata bene.

Avere un lavoro è sempre fondamentale, dove è un dettaglio, in questo caso un dettaglio molto importante, anche se la speranza non deve essere quella di avere sempre più ristorni, ma di avere aziende comasche sempre più in salute.

Il 4% dei comaschi in Svizzera è stato superato nel 2012, i 3 milioni quindi si riferiscono a quell’anno ed è presumibile che i ristorni continueranno ad arrivare anche per gli anni successivi, almeno per il 2013 e il 2104, visto l’andamento dell’economia. A questo punto, volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, si può dire che finalmente si può mettere mano a un portafoglio che non ha il lucchetto e si può dare la stura a progetti come quelli, lo spiega Lucini, per sistemare le scuole, la piscina di Muggiò, i marciapiedi e gli asfalti. Un regalo di Natale anticipato, ma una città sempre più povera di lavoro. Gioire si deve, senza però dimenticare che Como cerca occupazione o sta cambiando pelle.

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