Trattare natura
come Dio comanda

Per noi era l’estate di San Martino, l’11 novembre, il giorno in cui la tradizione – spesso anche atmosferica – di un miracolo buono di Dio per premiare il suo caritatevole santo ci fa sorridere nel bel mezzo di un uggioso autunno.

Invece da un paese lontano, con la forza d’urto delle immagini e del rumore del vento, e poi con l’angoscia della conta dei morti, nelle nostre case è entrato il tifone Haiyan, quello che ha sconvolto le Filippine. E c’è venuto – come sempre, come ormai ad ogni tsunami che Internet e Facebook ci rendono così vicini, così “social” – il pensiero tremendo: ma quanto sa essere spietata, la Natura? Non è mica un pensiero da poco, per noi occidentali ricchi, abituati a voler bene a tutti i boschi e a tutti gli animaletti. Ma poi abbiamo pronto il pensiero di riserva: beh, sai qual è il problema? E’ che lì sono poveri, hanno le baracche al posto delle case. Però, solo qualche giorno dopo è il tornado (lì lo chiamano così) che sconvolge il Midwest, la pancia ricca e sazia degli Stati Uniti, il centro del mondo ben organizzato. Certo, dove le case sono di muratura e le strade strade per davvero, e la Guardia Nazionale e l’allerta meteo funzionano come un orologio, le vittime sono meno, incredibilmente meno. Ma la natura, la Natura matrigna è la stessa.

E infine ieri, il ciclone Cleopatra . Quelle immagini, quei morti, tanti, e quelle grida di strazio. Questa volta così vicine, che quasi ci sembra di sentirle, fin di qua del nostro piccolo mare, quello dell’estate e delle vacanze. E’ successo da noi. La Sardegna siamo noi. Né lontana né povera, in modo in fondo rassicurante. E tu, Matrigna Natura, che fai?

Abbiamo smarrito da tempo, e forse per fortuna, la paura della natura: pensiamo d’averla domata. D’un tratto, invece, ci torna indietro il sacro terrore antico, quello che in Sardegna faceva offrire sacrifici a Su Maimone. Dovremmo forse ricominciare a pensarci a quanto c’è di imprevedibile, ingovernabile, potente e distruttivo nella natura. Magari prima di lanciare l’accusa – colpa del governo, del meteo, della Protezione Civile – a chi non ha fatto il suo dovere. Forse, avrebbe più valore anche il rispetto che dobbiamo a chi ha perso la vita. In Sardegna sono caduti 440 millimetri di pioggia in poche ore. Ecco.

Solo poi, solo dopo aver fatto, per così dire, atto di sottomissione alla Grande Matrigna, si può iniziare ad interrogarsi. E per cercare di sgusciare dai luoghi comuni, prima di accusare il fantomatico “cambiamento climatico” o il surriscaldamento globale, bisogna provare a guardare i fatti. Le alluvioni di novembre non sono purtroppo una novità in Italia, Nemmeno la fenomenologia di questo ciclone mediterraneo che ha colpito la Sardegna, pur se rara, lo è. Prima di accusare il cielo, il dito è giusto puntarlo su fatti cose concreti, e decisioni alla nostra portata.

Ieri l’Associazione dei Geologi italiani ha diramato un comunicato drammatico: «Non è solo colpa dei cambiamenti climatici, perché in Sardegna l’urbanizzazione sfrenata ha eroso dal 1985 a oggi ben 160 km di litorale». Viviamo in un Paese disastrato, anche dove, come in Sardegna, la passione per la terra è sacra. La Natura ci può fare paura, trattarla come Dio comanda è il minimo.

Edeeditorialista del Foglio

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