Venghino signori
al circo Cernezzi

Quando l’assessore Pettignano - scortato da Pulcinella, Pacciani, l’arbitro Ceccarini, Girolimoni e il Pagliaccio Baraldi - ha comunicato alla città che sullo scandalo delle proprietà comunali abbandonate e su quello del forno crematorio fermo da anni non ha niente da dire, abbiamo capito una cosa. E cioè che qui siamo oltre il dilettantismo. Siamo oltre il pressapochismo. Siamo financo oltre il tengofamilismo. Qui, ormai, siamo arrivati al cialtronismo.

Ora, in una qualsiasi città normale del Congo Belga, del Paraguay o delle Isole Comore, un soggetto del genere sarebbe già stato accompagnato alla porta dalla Buoncostume. Anzi, non sarebbe mai diventato assessore. Anzi, non sarebbe mai diventato consigliere. Anzi, non avrebbe mai fatto politica. Ma stiamo parlando di luoghi civilizzati - dico, avete presente il Congo Belga? - dove il prestigio delle istituzioni è ancora un valore culturale condiviso. Qui, invece, nel terzo mondo della Repubblica delle Banane, quello di cui sopra se ne sta bello e inchiavardato a tripla mandata alla sua poltrona, dalla quale ogni giorno che il buon Dio manda in terra dispensa saggi di inefficienza, di incompetenza e di inesistenza che rappresentano la metafora, il profilo plastico, tattile, lombrosiano della peggior amministrazione della Como degli ultimi trent’anni.

E se consideriamo che tra le amministrazioni della Como degli ultimi trent’anni c’è pure quella presieduta da Stefano Bruni, abbiamo detto tutto. Perché neppure in quella giunta, quella dello scandalo paratie, quella dello scandalo dei fuochi d’artificio in Ticosa, quella dello scandalo del suo sindaco che finisce in galera (anche se da ex e per ragioni non connesse alla carica pubblica), non si era mai visto che un assessore uscisse la sera addobbato con il vestito di Forza Italia e rientrasse la mattina dopo con quello di Fratelli d’Italia. Tutto vero. È successo per davvero. Parola per parola. Verbatim. E nessuno, o quasi, in maggioranza che abbia fatto un plissé, dettaglio che la dice lunga sulla pasta di cui è fatta questa maggioranza e, soprattutto, sui coordinatori di Forza Italia e Fratelli d’Italia, che con questa operazione ignobile e inqualificabile hanno perso anche il più residuo senso della vergogna. Che quando poi li senti pontificare, sdottoreggiare e trombonare sui massimi sistemi, sull’etica della politica che lavora per le genti lariane e sulle visioni strategiche per la Como che verrà, ti viene voglia di chiedere a Wilma di darti la clava.

Ma sono in buona compagnia. Perché un altro che ha perso completamente il senso della vergogna, e soprattutto quello del grottesco, è il sindaco. Niente di personale, ma in politica - così come nei giornali - è buona norma prendersela sempre con chi comanda. Chi comanda, paga. E quindi non vale la pena di perdere tempo con un qualche assessore quaquaraquà, che rappresenta solo l’effetto, non certo la causa, del disastro di questa giunta. È con Mario Landriscina che bisogna prendersela. Perché è lui che è stato votato. È lui che si è scelto la squadra (scarsa). È lui che ha subìto passivamente il giropizza di assessori che entrano, assessori che escono, assessori che cambiano casacca a comando. È lui che si è preso nell’esecutivo gente che non c’è mai perché vive chissà dove, gente che non c’è mai perché lavora chissà dove, oltre a una mezza manica di scappati di casa. È lui che non ha deciso niente di quello che doveva decidere e che quando ha deciso - cioè quasi mai - ha deciso male, come per il capo di gabinetto, ad esempio. È lui che non ha fatto altro che dare aria alla grancassa della demagogia senza produrre un solo gesto di concreta e pragmatica amministrazione, che ai comaschi sai che gliene frega dei comizi da osteria sui migranti assassini e i terroristi islamici quando abbiamo una città che fa schifo, abbiamo perso il Politecnico, la Ticosa che marcisce da quarant’anni e il San Martino e il Borgovico e la Santarella e Villa Olmo e bla bla bla. È lui che non riceve nessuno, non risponde a nessuno, non si confronta con nessuno, che insabbia la trasparenza su casi delicatissimi e allarmanti per la gente come quello del viadotto dei lavatoi, avvoltolato nel suo loop autoreferenziale, lui e il suo cerchio magico, lui e le sue grottesche Lady Macbeth in trentaduesimo e tutto il resto del caravanserraglio che tocca sorbirci tutti i giorni da due anni e che, statene certi, ci ammorberà anche per i prossimi tre. Perché manco la decenza di dimettersi alberga dalle parti di Palazzo Cernezzi.

Ma questa è una giunta? Questa non è una giunta. Questo è il Circo Barnum. Ma come vi permettete di governarci in questo modo? Credete davvero che il voto popolare sia un lasciapassare per distruggere la città? E pensate di farlo da impuniti, senza che nessuno dica niente, nessuno eccepisca, nessuno sia capace di ragionare con la propria testa senza farsi imbesuire dalla campagna elettorale nazionale ed europea, senza dire quello che pensa? Credete che ogni pratica possa essere risolta tutte le volte con i vostri “no comment”, “non ho niente da dire”, “è colpa della burocrazia” e altre insulsaggini del genere? Credete onestamente di continuare a trattare l’informazione come se il municipio fosse il catasto di Aci Trezza o un ministero della Bulgaria degli anni Cinquanta?

È vero che il difetto principale dei comaschi è quello di lamentarsi sempre, ma poi di fare il callo a tutto. Ma proprio a tutto, come si può ben vedere. Il problema è che, tra i tantissimi che ha e che voi cogliete ogni giorno, questo difetto non appartiene alla natura del nostro giornale. Quindi in Comune evitino di proseguire con questa strategia risibile - anzi, patetica - da Asilo Mariuccia del non parlare, non farsi trovare, tenere il broncio, nascondere le notizie e cerchino di comportarsi finalmente da adulti. Se non il senso della politica, per il quale sono platealmente negati, tentino di recuperare almeno quello del ridicolo.

@DiegoMinonzio

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