Abitare vicino al Lambrone costa di più
«Costretti a pagare una tassa del 1812»

Erba - Mille i residenti sottoposti al tributo che produce 170mila euro. C’è chi vuole toglierlo

«Siamo stanchi di versare tributi a un ente ottocentesco. Paghiamo le tasse al Comune, alla Regione e allo Stato: potrebbero occuparsi loro della manutenzione del fiume».

L’erbese Marco Cacelli è uno dei tanti erbesi che abitano a breve distanza dal torrente Lambrone. E come tutti gli erbesi residenti vicini al fiume - circa un migliaio - è chiamato a pagare un tributo che finisce nelle casse del Consorzio del Torrente Lambrone. Più o menol 17 euro all’anno, dipende da quanto si è distanti dal corso d’acqua. Il Consorzio è stato fondato nel 1812 per la manutenzione del fiume e da allora non hai smesso di chiedere soldi.

«Ho deciso di uscire allo scoperto - racconta Cacelli - e ho anche pubblicato un appello: se qualcuno è stanco di pagare un tributo che trovo assurdo, se non illegittimo, mi contatti su Facebook. Vediamo se si può fare qualcosa. Credo che questa tassa non sia dovuta, la pulizia degli argini dovrebbe essere compresa nelle tasse che paghiamo agli enti pubblici: fa strano, nel 2020, pagare una gabella a un Consorzio fondato nel 1812».

Il tributo è molto serio: se non paghi, ti ritrovi a casa una lettera dell’agenzia di recupero crediti. Il tutto in un periodo in cui si fa un gran parlare di chiudere municipalizzate ed enti anacronistici. C’è qualcosa di più anacronistico di una consorzio sorto nel 1812 per curare un canale artificiale realizzato dagli austriaci?

Messa così, viene da rispondere di no. Eppure, per il presidente Giancarlo Vicini, il Consorzio svolge un ruolo fondamentale. «Ogni anno incassiamo circa 170mila euro dagli erbesi, parliamo di mille utenze che pagano in base alla posizione di case e fabbricati: più sei vicino al torrente, più paghi. Si tratta in ogni caso di cifre contenute e tutte - ma proprio tutte - vengono riutilizzate per effettuare lavori pubblici a tutela della pubblica incolumità».

Insomma, dice Vicini, il Consorzio non è un carrozzone pubblico.

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