Andrea, la musica e la Juve
«Era il nostro piccolo ometto»

Il ricordo dei familiari del ragazzo morto in via Napoleona mentre raggiungeva il posto di lavoro al Granmercato di via Mentana: «Gli raccomandavamo di prestare attenzione alla guida, lui ci diceva sempre di stare tranquilli che era prudente. Volevamo proteggerlo, non ce l'abbiamo fatta fino in fondo»

Como - «Se stamattina non fossi stato malato e fossi andato a scuola, per qualche ora in più avrei vissuto nell'illusione che Andry fosse ancora con noi». Nelle parole ingenue e insieme struggenti di Davide - dieci anni, cugino di Andrea Guffanti, il ragazzo morto in auto lungo via Napoleona l'altra mattina, a soli vent'anni - c'è il senso della disperazione di una famiglia, cui è stato strappato nel peggiore dei modi il proprio “cucciolo”.
Perché Andrea Guffanti, vent'anni compiuti il 17 settembre scorso, «era un piccolo ometto - come ricorda lo zio Marcello Russo - Da quando un anno fa era stato assunto (al Gran Mercato delle carni a Como, dove era diretto al momento dell'incidente, ndr) si era responsabilizzato ancora di più. Adesso il lavoro arrivava prima di qualsiasi divertimento. Era un ragazzo splendido, gli abbiamo voluto bene dal primo giorno, l'abbiamo amato, coccolato, protetto, lo abbiamo accompagnato a fare scuola guida per insegnargli ad andare in macchina. Gli raccomandavamo di prestare attenzione alla guida, lui ci diceva sempre di stare tranquilli che era prudente. Volevamo proteggerlo, non ce l'abbiamo fatta fino in fondo».

Una famiglia - papà Carlo, mamma Ermanna, nonni, zii, cugini - unita anche nell'angoscia di non aver potuto evitare l'ineluttabile: «Era un ragazzo splendido. Mancano già a tutti la sua ingenuità, mitezza, dolcezza interiore che ai nostri occhi lo rendevano unico - sussurra lo zio Marcello, con la voce spezzata dal pianto al ricordo di quel nipote straordinario nella sua normalità - Sapeva farsi voler bene. Era tranquillo, odiava la violenza, non era capace neanche di uccidere una mosca. Era un ragazzo modesto, di poche pretese, la sua unica ambizione era vivere serenamente. Dopo aver frequentato per tre anni una scuola professionale, aveva preferito andare a lavorare e guadagnarsi da vivere anche per non essere di peso alla famiglia. Era contento del suo lavoro e di essere riuscito ad acquistare un'auto di seconda mano, comprata a rate con il suo stipendio. Una soddisfazione per lui che non aveva mai voluto né moto, né motorini, ma aspirava ad avere una macchina tutta sua. Anche quella senza pretese: una Peugeot 206».

Come tanti giovani della sua età amava la musica, ballare e stare in compagnia degli amici, presenti anche nell'ora dello strazio: numerosi i messaggi e le mail di solidarietà giunti alla famiglia.
«La musica era la sua grande passione. Il suo sogno era riuscire a produrre musica da sé - aggiunge lo zio - Non si limitava ad ascoltarla, ma con il computer si divertiva a personalizzarla e crearla. Aveva molti amici: non si riusciva quasi mai a finire un discorso, tanto veniva interrotto da messaggi e telefonate di amici. Era tifoso della Juventus; rinunciava anche a uscire la sera quando c'era qualche partita importante, che guardava in tv con il padre. Fino a qualche anno fa giocava nella squadra del paese, poi ha lasciato per via degli impegni di lavoro, per cui aveva anche limitato le uscite con gli amici».
Di recente si era concesso una breve vacanza con la madre, un viaggio a Praga; la sua prima volta in aereo e insieme un'altra piccola “conquista”, lui che aveva paura di volare. Ma non con la fantasia, sulle ali dei suoi vent'anni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA