Delitto, una telecamera
mette nei guai Terraneo

Davide Terraneo, la maledetta sera dell’omicidio, ha visto il furgone giallo di Antonio Di Giacomo andarsene da Como. Ecco il vero motivo per cui gli agenti della squadra mobile prima e i magistrati (sia procura che giudice delle indagini preliminari) poi hanno deciso per il designer dovesse finire in carcere

COMO Davide Terraneo, la maledetta sera dell’omicidio, ha visto il furgone giallo di Antonio Di Giacomo andarsene da Como. Ecco il vero motivo per cui gli agenti della squadra mobile prima e i magistrati (sia procura che giudice delle indagini preliminari) poi hanno deciso per il designer dovesse finire in carcere.
L’amicizia "pericolosa" con Emanuel Capellato, accusato di omicidio premeditato, rischia di costare a Davide Terraneo qualche grattacapo più del previsto, dunque. E non solo per quella cena in pizzeria ore dopo l’omicidio, ma per l’incontro in centro città tra il 47enne residente a Orsenigo e lo stesso Capellato, in versione autista del furgone giallo dov’era nascosto il corpo senza vita del Di Giacomo. Un incontro che non è passato inosservato alle telecamere puntate nella zona del Broletto, le quali hanno offerto agli agenti della squadra mobile più di un elemento di contestazione nei confronti proprio di Davide Terraneo.
Il designer, finito in cella con l’accusa di favoreggiamento personale di un omicida (Emanuel Capellato), avrebbe sempre raccontato agli agenti di essersi incontrato con l’amico nella zona di piazza Duomo dopo le 21, quando ormai - stando alla ricostruzione di quella drammatica giornata - il furgone della vittima era già stato parcheggiato a Tavernerio, dove i poliziotti lo ritroveranno la mattina successiva. In realtà le immagini in possesso della questura raccontano una verità diversa e cioè di un incontro, tra Terraneo e Capellato, avvenuto molto prima di quanto affermato dagli interessati e alla presenza del furgone giallo, quello che nell’immagine di tutti - dal giorno successivo a quel venerdì 9 ottobre - ha iniziato a essere non già un Mercedes Vito ma la bara dello sventurato Antonio Di Giacomo.
Il punto da dipanare, a questo punto, è: Terraneo sapeva già quella sera che sul furgone ci fosse un cadavere? Evidentemente gli inquirenti ritengono di non avere elementi per pensare che lo sapesse, altrimenti l’accusa sarebbe stata di occultamento di cadavere e non di un "semplice" favoreggiamento. Resta il fatto che per giorni interi, prima del suo arresto, il 47enne designer ha continuato a ripetere ai detective della squadra mobile una verità non conciliabile con quanto gli inquirenti sapevano, grazie all’occhio elettronico puntato nella zona del Broletto. In particolare Terraneo non ha mai posizionato l’amico Capellato (la natura dei rapporti con il quale sono stati chiariti nel corso dell’interrogatorio di lunedì scorso) a bordo di quel furgone giallo dov’è stato nascosto il cadavere del piccolo imprenditore, e questo basta per accusarlo di favoreggiamento personale («chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo - recita il Codice - aiuta taluno a eludere le investigazioni è punito con la reclusione fino a quattro anni»). Un accusa che resterà valida, almeno fino a quando il suo racconto non convincerà la magistratura.
P. Mor.

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