Nei guai per il concorso vigili,
la Cassazione "assolve" Gatto

I magistrati romani hanno accolto il ricorso presentato dalla procura contro il provvedimento con il quale il giudice delle indagini preliminari aveva ordinato l’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex amministratore della giunta Bruni

COMO - Senza fiocco né carta colorata, eppure la sentenza dei giudici della Cassazione suona come un felice regalo di Natale per l’ex assessore Paolo Gatto. I magistrati romani, infatti, hanno accolto il ricorso presentato dalla procura contro il provvedimento con il quale il giudice delle indagini preliminari aveva ordinato l’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex amministratore della giunta Bruni nell’ambito dell’inchiesta sul concorso per un posto di vigili urbano a Como.

La decisione della Cassazione - così come i motivi del ricorso, firmato dal pubblico ministero Daniela Meliota - è puramente tecnico: seppure manca ancora la motivazione, appare chiaro che i magistrati della Suprema corte hanno ritenuto «abnorme» il provvedimento con cui il giudice delle indagini preliminari Luciano Storaci, forte dell’interpretazione di una sentenza delle sezioni unite della stessa Cassazione, aveva ordinato alla procura di iscrivere nel registro degli indagati l’ex assessore Paolo Gatto. Secondo il magistrato l’esponente - all’epoca del concorso - della giunta Bruni si sarebbe macchiato del reato di rivelazione di segreto d’ufficio, per aver raccontato a una concorrente sua amica i temi che avrebbero presumibilmente riguardato la seconda prova scritta del concorso.
Il ricorso per Cassazione voluto dalla procura aveva sottolineato, tra l’altro, l’asserita intempestività del provvedimento del giudice, in quanto «il procedimento - aveva sottolineato il pubblico ministero - era ed è nella disponibilità del pm che, all’esito della pronuncia parziale del gip, ben poteva proseguire le indagini con riguardo ad altra notizia di reato o ad altro soggetto non ancora iscritto». Come dire: il caso non era ancora chiuso e non è detto che il numero di indagati sarebbe anche potuto crescere indipendentemente dal provvedimento del giudice.

Si tratta di una questione in punta di diritto, che non ha mancato però di causare tensioni al sesto piano del palazzo di giustizia lariano. La scorsa estate, in attesa del pronunciamento della Cassazione e dopo l’udienza con cui due gip avevano respinto le richieste di archiviazione avanzate da altrettanti pm (tra i quali il procuratore) per alcuni degli imputati coinvolti nel pasticcio del concorso per un posto di vigile urbano a Como, era partita la prima richiesta di rinvio a giudizio per alcuni imputati: il comandante della polizia locale, Vincenzo Graziani, il capo di Gabinetto del Comune di Como, Tullio Saccenti, la componente della commissione Antonella Rosati e la segretaria della commissione stessa Alessandra Saccenti tutti accusati di falso riguardo la correzione delle prove scritte per il concorso. Con il pronunciamento della Cassazione è atteso ora il provvedimento anche sull’altra tranche dell’indagine, quella della fuga di notizie sui titoli della seconda prova scritta, che vede indagati per violazione del segreto d’ufficio ancora Saccenti e il segretario dell’assessore Francesco Scopelliti, Bruno Polimeni.

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