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Venerdì 19 Febbraio 2010
Dodici anni per un'udienza
Ma il processo slitta ancora
Un processo approdato in aula dopo ben dodici anni e - beffa delle beffe - subito rinviato a data da destinarsi per un difetto di notifica. Con buona pace per un gruppetto di testimoni costretti a sobbarcarsi un viaggio di centinaia di chilometri per il bene della giustizia e rimandati a casa con una promessa: quella di essere richiamati a Como quanto prima
Le cronache da palazzo regalano due storie differenti, facce di una stessa difficoltà: quella della macchina di giustizia di funzionare senza incepparsi mai. La prima riguarda una sorta di maxi processo i cui reati risalgono così in là nel tempo da aver nel frattempo visto la morte di almeno un paio di imputati. Un processo approdato in aula dopo ben dodici anni e - beffa delle beffe - subito rinviato a data da destinarsi per un difetto di notifica. Con buona pace per un gruppetto di testimoni costretti a sobbarcarsi un viaggio di centinaia di chilometri per il bene della giustizia e rimandati a casa con una promessa: quella di essere richiamati a Como quanto prima.
Il caso si riferisce a un'inchiesta, iniziata alla fine degli anni Novanta dalla procura di Gorizia, su un vasto giro di auto rubate tra il Friuli e la Lombardia con ben nove imputati. Reati, parti lese e imputati superstiti sono tutti stati compiuti tra Gorizia e Brescia, tranne il primo, avvenuto sul Lario: da qui la decisione - tra il 2005 e il 2006 - di inviare gli atti a Como. Che, ieri, ha fissato la prima udienza, chiamando a testimoniare cinque persone, tutte residenti in Friuli. Peccato che, per un vizio formale (un problema in una notifica), l'udienza si è aperta e chiusa subito e i testimoni sono stati rispediti a casa dopo un viaggio inutile.
Non una bella figura, per la giustizia in salsa lagheè. «Purtroppo - è il commento di Giuseppe Sassi, presidente delle Camere Penali di Como e Lecco - il sistema delle notifiche è farraginoso, lungo e spesso produce questo tipo di risultati. Proprio per evitare problemi analoghi con il tribunale di Como è stato scritto un protocollo delle udienze, che però vale solo per i processi a citazione diretta, e prevede una prima udienza di smistamento in cui i testimoni non vengono chiamati inutilmente».
Il secondo caso riguarda un giovane cittadino eritreo condannato a ben 8 mesi solo per aver comunicato una data di nascita - si presume volutamente - sbagliata. Il processo a carico di un imputato rimasto in Italia appena un mese, esiliato, da anni irreperibile e che quasi certamente non sarà mai più trovato per fargli scontare la condanna, si è celebrato senza l'avvocato d'ufficio, ma con un legale di passaggio costretto a difenderlo con un'arringa tra le più corte della storia, solo sei parole: «Minimo della pena e attenuanti generiche».
«Il problema, in questo caso, è duplice - commenta l'avvocato Sassi - La mancanza dell'avvocato d'ufficio in udienza, che è da stigmatizzare, e la norma: questo è un reato frutto di una politica giudiziaria scriteriata che si fonda su provvedimenti d'emergenza che non tengono conto del reale danno di questi atteggiamenti».
P. Mor.
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