Le scuse del suocero di Arrighi:
«Che sciocchezza tagliare la testa»

I giudici del riesame durissimi con Emanuele La Rosa: «Non sono percepibili segnali di significativo ravvedimento o di seria comprensione della gravità dell'accaduto»

Una «grossa sciocchezza». Con queste parole Emanuele La Rosa, il suocero di Alberto Arrighi in cella dal 2 febbraio con l'accusa di distruzione e occultamento di cadavere, ha liquidato davanti ai giudici del tribunale del riesame l'aiuto offerto al genero per decapitare il corpo di Giacomo Brambilla e distruggere la testa nel forno della pizzeria la Conca d'Oro di Senna. Una giustificazione bollata come «davvero riduttiva» dai magistrati del tribunale del riesame, che nei giorni scorsi avevano rigettato - con una motivazione durissima - l'istanza di scarcerazione presentata dagli avvocati di La Rosa, Maria Susi Mariani e Mauro Navio. Talmente «riduttiva» da spingere i magistrati a scrivere, nel loro provvedimento, che «non sono percepibili segnali di significativo ravvedimento o di seria comprensione della gravità dell'accaduto».
Le motivazioni del giudici, oltre a suonare come una clamorosa anticipazione di condanna di Alberto Arrighi, che secondo i giudici avrebbe premeditato con «freddezza» l'omicidio di Brambilla, hanno tratteggiato un ritratto impietoso di Emanuele La Rosa, la cui condotta viene definita «impressionante».

© RIPRODUZIONE RISERVATA