Valbrona: ritrovata
la pistola dell'omicidio

Tutti alla ricerca della pistola nel Lago del Segrino, in realtà l'arma che ha ucciso il mattino del 23 febbraio Natalino Correnti in un parcheggio del paese è stata sotterrata con cura nel luogo di lavoro del figlio dell'uomo che ha confessato il delitto

VALBRONA Ritrovata l'arma dell'omicidio di Natalino Correnti. Tutti alla ricerca della pistola nel Lago del Segrino, in realtà l'arma che ha ucciso il mattino del 23 febbraio l'uomo nel parcheggio di via Madonna del Pozzo a Visino è stata sotterrata con cura nel luogo di lavoro del figlio del sospettato omicida, alla ditta Zaltron di Proserpio. L'arma, una calibro 7 e 65, è ora già stata inviata ai Ris di Parma per le ultime analisi, ma dovrebbe trattarsi proprio del tassello mancante per capire e spiegare meglio quanto accaduto. Un tassello a dire il vero che rimette fortemente in gioco la posizione di Emiliano D'Elia, il figlio anche egli arrestato del principale sospettato d'omicidio, Carlo D'Elia, ora ancora maggiormente coinvolto nel fatto di sangue. Per il padre nella prima confessione il figlio non era neppure presente, ora si scopre persino che l'arma si trovava molto vicina al suo luogo di lavoro, difficile però dire chi l'abbia sotterrata, se il padre o il figlio, il parcheggio in terra battuta non è chiuso e Carlo D'Elia ha accompagnato Simone anche la mattina dell'omicidio. Ricostruendo i passaggi che hanno portato all'arresto dei D'Elia si deve partire dall'omicidio avvenuto in un piccolo parcheggio in località Visino di Valbrona alle 7 circa della mattina del 23 febbraio. Natalino Correnti viene trovato riverso in un lago di sangue tra due auto in sosta, il suo furgone e un altro veicolo, a freddarlo un colpo d'arma da fuoco in testa. La caccia all'omicida e condotta dai carabinieri di Asso e dal luogotenente Salvatore Melchiorre, da subito per precedenti ruggini s'indaga anche sulla famiglia D'Elia e nella loro casa, sempre a Valbrona in località Candalino, si trovano degli indizi, gli abiti sporchi di sangue in centrifuga nella lavatrice. Viene prelevato quindi Carlo D'Elia, portato in caserma confessa il delitto. Oltre all'uomo viene poi fermato il figlio, Emiliano, presentatosi in caserma senza il giubbotto nonostante il freddo pungente di quei giorni.

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