Delitto Brambilla, tolti i sigilli
alla pizzeria di Senna

La procura ha dissequestrato il locale del suocero di Alberto Arrighi, dove la polizia ha ritrovato il cadavere orrendamente mutilato. Difficilmente, però, il ristorante riaprirà. Il forno dell'orrore resta sotto sequestro

SENNA COMASCO La Procura toglie i sigilli alla «Conca d'oro», la pizzeria di Senna Comasco di proprietà della famiglia La Rosa chiusa all'inizio di febbraio dopo il ritrovamento della salma di Giacomo Brambilla, orrendamente sezionata. In linea teorica, il locale potrebbe riaprire fin da ora ma è improbabile che i titolari siano disposti a farlo. Il ricordo di quel che accadde quella notte è ancora troppo vivo per pensare di poter ricominciare, o anche soltanto di provarci. Tanto più che sul forno, quel forno, i sigilli resteranno: «Non toccare, deve cuocere», vi scrisse Emanuele La Rosa, suocero di Arrighi, servendosi di un foglio A4 e cercando in quel modo di tenere alla larga i curiosi che, per la verità, alla larga ci stettero davvero, almeno fino all'arrivo della polizia. Per quel pezzo di carta, e per avere fornito una mano concreta al genero, La Rosa senior è tuttora in carcere, con l'accusa di concorso in distruzione in cadavere. Il dissequestro del locale è anche una conferma indiretta del fatto che l'indagine sull'omicidio è ormai all'epilogo. Tra pochi giorni la Procura scioglierà l'ultimo enigma, quello relativo alle contestazioni: Alberto Arrighi, 40 anni, negoziante e armaiolo, rischia, nella meno favorevole delle ipotesi, la contestazione formale di una accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione, reato teoricamente punibile con l'ergastolo.

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