Delitto in centro, verità contro
Ecco i verbali degli imputati

Emanuel Capellato dice che ad uccidere Antonio Di Giacomo è stato Leonardo Panarisi, il quale dice che è stato Capellato. Ecco cosa i due imputati, che compariranno nei mesi prossimi davanti al giudice delle udienze preliminari, hanno raccontato agli inquirenti

Così Emanuel Capellato
L'indagato dichiara: intendo rispondere.
«Conosco il Di Giacomo da circa vent'anni. Nei giorni immediatamente prima il 9 ottobre (giorno del delitto ndr) mi ero accordato con lui per una fornitura di alcuni orologi Rolex e Cartier, si trattava di repliche ma in oro 18 carati. Erano anni che io compravo orologi dal Di Giacomo per rivenderli sul mercato italiano e spagnolo. Leonardo Panarisi sapeva del mio affare anche perché avrei utilizzato il ricavato della vendita degli orologi per comprare due stufe, un televisore al plasma e altri oggetti al Panarisi. Lui riteneva che io dovessi provvedere al suo mantenimento, in ragione di una sua precedente detenzione (...)
Siamo saliti in casa. Mi aveva portato gli orologi, ma non quelli che io gli avevo ordinato. Mi trovavo ancora a dover risolvere il problema delle richieste del Panarisi.Proposi al Di Giacomo di darmi tre carte di credito, avrei dovuto utilizzarle per comprare le stufe e quant'altro chiedeva il Panarisi e contestualmente il Di Giacomo ne avrebbe denunciato la clonazione (...)
All'improvviso ho sentito suonare alla porta d'ingresso, si trattava del Panarisi. Aveva il suo solito marsupio di colore nero e una borsa. Appena entrato Panarisi pretendeva di vedere gli orologi. Io gli spiegai che non me li aveva portati. Di Giacomo si offrì di far vedere al Panarisi alcuni siti aventi ad oggetto stufe, ma poiché nel mio appartamento non esiste connessione internet scesi al bar per farmi prestare dal titolare la chiavetta. Non ho trovato né il titolare né la chiavetta. Quando sono rientrato ho trovato il Di Giacomo riverso a terra e il viso coperto da un lenzuolo. Ho chiesto a Panarisi cosa avesse fatto, lui mi rispose di stare zitto altrimenti avrei fatto la stessa fine (...)
Dopo aver ispezionato il furgone del Di Giacomo abbiamo preso la Panda di Panarisi e siamo andati a Tavernerio, al Brico. Panarisi cercava un armadietto di metallo che non ha trovato e ha comprato un piede di porco. Usciti siamo andati all'Obi di Montano Lucino. Panarisi ha indicato un modello di armadietto che dovevo comprare. Tornati abbiamo parcheggiato al Broletto. Una volta saliti in casa ho provveduto a montare l'armadietto, dove Panarisi ha messo il cadavere. Poi abbiamo messo l'armadio nell'ascensore e siamo scesi fino al piano terra. Tirando fuori l'armadio il fondo si è rotto, il Panarisi mi ha ordinato di andare a prendere il furgone del Di Giacomo. Lui è rimasto nell'androne con l'armadio e armato (...)
Siamo andati a Tavernerio. Panarisi mi disse che dovevamo nascondere il corpo in un tombino da cui passavano acque nere. Ha aperto il tombino utilizzando il piede di porco, ma ci siamo accorti che era stata fatta la rete fognaria. Mi ha proposto di portare il furgone nel garage di mia madre, io mi sono rifiutato. Quindi mi ha riaccompagnato a Como (...)
Sabato andai a Cattolica con la mia fidanzata, con l'auto che mi ha prestato Davide Terraneo. Domenica, mentre ero ancora al mare, un mio amico, anche lui conoscente del Di Giacomo, mi chiama e mi dice che era stato trovato il corpo. Ricordo che sentii anche il Panarisi, che non mi disse nulla. La sera dell'undici ottobre mi sono visto con Panarisi a Lipomo: mi ha detto che avevano trovato il cadavere e mi ha minacciato di tacere».

Così Leonardo Panarisi
Antonio Nalesso, magistrato: Senta, alle due circa del pomeriggio riceve la telefonata...
Leonardo Panarisi: Ricevo la telefonata di Emanuel Capellato. Mi dice: «Leo puoi venire giù che ho combinato un casino?». Io sentivo spesso Cappellato nel senso che, tra virgolette, lo stressavo perché pretendevo da lui denaro attribuendogli la colpa della mia precedente carcerazione.
Nalesso: Lei è andato subito?
Panarisi: Il tempo di mettermi il giubbino. Una volta arrivato ho aperto e lì ho visto questo signore, che poi ho saputo chiamarsi Di Giacomo, steso a terra con la testa rivolta verso la porta di entrata e sangue da tutte le parti.
Nalesso: Immagino che lei abbia detto qualche cosa.
Panarisi: Sì, ho detto:«Che cavolo hai combinato?». E lui mi fa: «Te l'avevo detto che in questi giorni ero...». Posso fare una premessa? Lui mi aveva accennato qualcosa di questo appuntamento con questa persona che vendeva orologi. Quando gli ho chiesto che cavolo ha fatto lui mi ha detto: «È successo! D'altronde io sono in una situazione che ormai - dice - ho bisogno di soldi». Tra te che mi stai addosso e tra...
Nalesso: Mi dica se ho capito bene: l'intenzione era di commettere una rapina.
Panarisi: Sì. Cappellato mi ha detto che dopo la rapina degli orologi avrebbe fatto in modo di impossessarsi della macchina e della moto del valore di 50mila euro di tale Davide, che ho poi saputo chiamarsi Terraneo. Aveva debiti con tutti.
Nalesso: Dopodiché?
Panarisi: A quel punto io ho detto: «Va beh, ma tira su. Cos'è sto bordello. Adesso da qua com'è che si porta via?». Lui m'ha detto: «Mi vuoi abbandonare?». In quel momento purtroppo, cercare i guai è una mia specialità, invece di andarmene sono rimasto. Cappellato mi disse che per portare via il cadavere c'era il problema di arrivare con il furgone del morto sotto casa...
Nalesso: Perché era sicuro che le telecamere (del vigile elettronico ndr) avrebbero ripreso la targa.
Panarisi: Sì. A quel punto gli viene in mente che avremmo potuto usare un carrello del bar dove lavorava per trasportare il morto fino al Broletto.
Nalesso: Quindi?
Panarisi: Decidiamo di andare a comprare il necessario per trasportare il morto.... Abbiamo colto il morto così com'è stato trovato dagli inquirenti (chiuso in un armadio di plastica ndr). A un certo punto succede quello che io avevo immaginato, il corpo in quell'armadietto di plastica pesava. Ha retto a entrare nell'ascensore, quando siamo arrivati al piano terra... insomma, è uscita una gamba...
Nalesso: Dall'armadio?
Panarisi: Dall'armadio. A quel punto io ho detto: «Ascolta, devi venire qui con il furgone». Ma non è stato parcheggiato bene, a me è venuta anche la voglia di mollare tutto....
Nalesso: Poi?
Panarisi: A quel punto lì lui parte e va. Io prendo la macchina e in via Dante, al semaforo, una pattuglia dei carabinieri accende il lampeggiante e mi sorpassa e si mette dietro di lui. Ho detto: qua è finita. Invece la pattuglia taglia per Brunate. A quel punto abbiamo continuato. Arrivati lui mi ha chiesto anche se lo aiutavo a scavare una fossa.io gli ho detto che, a parte l'orario che non si vede niente, se si trova una radice... Poi non ce la facevo più. L'ho portato a Como. Voleva che andassimo al bar dove lavorava, io non volevo farmi vedere perché a me, rileggendo tutto dopo, mi è sembrato che avesse voluto prendere due piccioni con una fava: avere un tot di soldi e liberarsi di Panarisi.

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