Le due vite della Perego strade
Tra malavita e politici bipartisan

COMO - Chi c'è stato giura che nel suo ufficio di Cassago Brianza il canturino Ivano Perego aveva appeso una foto di cui andava fiero e che lo immortala in compagnia di esponenti di spicco della politica nazionale e lombarda. Ma, se l'obiettivo racconta le rampanti aspirazioni di un classico imprenditore brianzolo, le intercettazioni telefoniche prima e gli accertamenti degli inquirenti poi tratteggiano un'immagine ben differente. Ivano Perego, responsabile della Perego Strade, un pezzo di storia della Brianza nonché una delle più importanti aziende di movimento terra del Nord Lombardia, è finito in cella nell'ambito del blitz della Dda di Milano. L'accusa, per lui, è di associazione mafiosa per essersi messo in affari con il boss della 'ndrangheta Salvatore Strangio il quale, attraverso la Perego, sognava di infiltrarsi negli appalti in vista dell'Expo 2015. Solo il fallimento della società avrebbe mandato all'aria i piani.
Nel maxi blitz antimafia di ieri mattina, c'è un filone in cui malavita, politica e imprenditoria vanno a braccetto. È quello contenuto nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Giuseppe Gennari a carico - tra gli altri - di Strangio e Perego. Ordinanza in cui compaiono anche i nomi dell'ex assessore provinciale di Milano della giunta Penati, Antonio Oliverio, dell'ex assessore regionale all'Ambiente Massimo Ponzoni (Pdl) ora rieletto, e di altri «politici avvicinati dal gruppo e coinvolti in un rapporto sistematico di cointeressenze». Il 36enne Ivano Perego, scrive il giudice, è il «principale strumento di accesso» della 'ndrangheta a un mondo in cui «l'obiettivo è mettere le mani su appalti pubblici» e «avere ottimi rapporti con esponenti politici rappresenta un capitale aggiunto di notevole valore». E questo Perego lo sa bene, come dimostra - secondo il giudice - una conversazione telefonica intercettata il 24 giugno 2009, nella quale dice di «essere appoggiato bene politicamente e di aver fatto una cena anche ieri con Podestà (il presidente della Provincia di Milano, ndr) ed era presente anche Bonsignore Vito (europarlamentare del Pdl, ndr), nonchè molti industriali di Milano per organizzare l'Expo». E mentre Podestà fa sapere di non avere idea di chi sia Perego, gli inquirenti puntano i riflettori sui lavori pubblici acquisiti in Lombardia dalla Perego, prima che fallisse perché le casse - è la tesi dell'accusa - sono state svuotate dagli arrestati. Tra questi l'acquisizione di una cava in provincia di Cremona, i lavori per la strada statale Paullese e anche alcuni lavori «del nuovo ospedale Sant'Anna di Como».
Ma l'obiettivo finale era l'Expo, come conferma un'intercettazione a Strangio del 25 aprile 2009: «Il primo lavoro dell'Expo al 99% lo prende la Perego». Società un tempo fiore all'occhiello e che oggi, come spiega il gip Gennari nell'ordinanza, secondo lo stesso Strangio ha la «funzione» di «mantenere 150 famiglie calabresi».
Paolo Moretti

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