Delitto Brambilla: le prime foto
del pizzaiolo tornato in libertà

Emanuele La Rosa prova a ritrovare la normalità dopo i mesi dell'orrore - sul quotidiano in edicola le immagini dell'uomo tornato in libertà - Passeggiata, giornale e caffè a Senna Comasco, non senza fermarsi a conversare con i conoscenti di sempre

SENNA COMASCO Appena Emanuele La Rosa entra nell'edicola di via Roma, una cliente anziana lo saluta con affetto. Lui è gentile, ma cerca di schivare fotografo e cronista.
Passeggiata, giornale e caffè. La scena si ripete più o meno allo stesso modo ogni mattina, da lunedì. Quella appena trascorsa, è stata la prima settimana in libertà di La Rosa, tornato a casa dopo sei mesi per decorrenza dei termini di custodia cautelare.
La Rosa, 67 anni, il primo febbraio scorso aiutò il genero Alberto Arrighi a sbarazzarsi del cadavere di Giacomo Brambilla, ucciso con tre colpi di pistola nell'armeria di via Garibaldi, a Como.
Una vicenda che ha fatto scalpore ben oltre i confini lariani e, per settimane, ha tenuto banco nella cronaca nazionale. E sarà così ancora a lungo, soprattutto quando inizierà il processo in tribunale.
L'uomo ha partecipato alla decapitazione di Brambilla: la testa del benzinaio era stata chiusa nel forno elettrico della pizzeria «La Conca d'oro», la sua pizzeria cui ha dedicato una vita intera.
Adesso che è ritornato a casa, l'uomo cerca - per quanto possibile - di riprendere la vita di prima del carcere. Vive in via del Gaggio sopra l'attività da lui fondata nel 1970, e riaperta pochi giorni fa con un nuovo nome: «Il Giardino dei Melograni». 
Ecco le sue prime foto. Emanuele La Rosa esce sempre per la passeggiata abituale. Un chilometro tra andata e ritorno, ad andatura normale. Fisico asciutto. Dà l'impressione di essere in buona salute. Si ferma volentieri a parlare con le tante persone che, in paese, lo conoscono. L'uomo è accusato di concorso in vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere. Capi d'imputazione per i quali rischia fino a sette anni di detenzione.

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