Migliaia di deportati dispersi
ritrovati dopo sessant'anni

Un artigiano veneto ha rintracciato le sepolture dei comaschi, sia militari che civili, utilizzati come lavoratori coatti nei lager tedeschi e mai più tornati. Un invito ai lettori: raccontateci le storie dei vostri cari mai dimenticati

Un lavoro immane, svolto in completa solitudine, che ha portato un artigiano veneto, Roberto Zamboni da Montorio Veronese, a ricostruire le sorti di oltre sedicimila italiani «che furono internati o deportati nei campi nazisti e che, alla fine del loro calvario, furono sepolti in Germania, Austria e Polonia». Oggi tutto questo lavoro, iniziato nel 1994, è confluito sul blog «Dimenticati di Stato» al sito internet www. robertozamboni. com. L'autore di questa meritoria ricerca sta costantemente aggiornando gli elenchi ed è arrivato, proprio in questi giorni, ai nomi di Como e provincia. Un'attività nata per soddisfare un bisogno personale, ritrovare uno zio dichiarato «disperso» a soli 22 anni. «Sul muro che fiancheggia il lungo viale che porta al camposanto del mio paese, si intravedono, nascoste dall'edera, cento piccole lapidi - racconta Zamboni - Ognuna di queste riporta il cognome, il nome e il grado, dei soldati che morirono durante i due conflitti mondiali. Le ultime sedici portano sul fondo l'incisione "Disperso". Ed è proprio su quella adiacente all'entrata del cimitero che, il 2 novembre, mia nonna si fermava e deponeva un fiore. "Soldato Zamboni Luciano - Disperso". Ancora adesso non so cosa fece scattare in me, nel 1994, quella molla che mi avrebbe portato a ricercare notizie sul mio congiunto fino a rintracciarne i Resti facendoli rimpatriare. Iniziai leggendo tutto quello che si poteva trovare sui campi di concentramento ed in particolare su quello di Flossenbürg, che era il lager dove il mio parente era spirato. Cercai documenti che potessero aiutarmi nelle ricerche, e presi contatto con diversi ex deportati. Una volta che ebbi le idee chiare su come, e in che direzione muovermi, iniziai a ricostruire gli ultimi mesi di vita di Luciano». Dallo zio a quelli che erano sepolti nello stesso cimitero, a tutti gli altri cimiteri. Ma come è stato possibile «dimenticare» tutti quei morti? «Entriamo nel campo della pura congettura - risponde il ricercatore - Io ho formulato varie ipotesi e non so quale ritenere più valida». Dopo l'8 settembre 1943, 710mila militari italiani furono fatti prigionieri dai tedeschi e internati negli “Stammlager” e negli “Oflager” dei territori del Terzo Reich. «Molti di questi finirono nell'oblio, a causa di un comportamento assurdo da parte dello Stato italiano», scrive Zamboni. Chissà: forse il senso di colpa per un armistizio firmato senza curarsi, in quel momento, di cosa sarebbe successo a quei soldati, oppure, per favorire l'ingresso della Germania nella Nato, uno dei tanti tentativi di oblio di fattacci commessi durante la guerra. Il ministero della Difesa è in possesso di una banca dati con i luoghi di sepoltura, ma non ne ha mai dato informazione agli aventi diritto. Poi si può procedere al rimpatrio: «La procedura è relativamente semplice, tutti i moduli necessari e i recapiti sono disponibili sul mio sito e su quello del ministero. Occorre contattare il commissariato generale delle onoranze ai caduti in guerra a Roma e presentare una richiesta di riesumazione e rimpatrio indicando i dati del richiedente, quelli del caduto e il luogo di sepoltura con posizione tombale. Una volta presentata la domanda la salma può essere rimpatriata in pochi mesi, purtroppo a carico del richiedente: i costi si aggirano tra i 1.500 e i 2.500 euro». Da oggi "La Provincia" inizia la pubblicazione gli elenchi: partiamo dalla città di Como, proseguiremo con tutti i comuni del territorio nei prossimi giorni. Chi volesse condividere con noi e con i lettori storie e vicende, chi stesse ancora cercando qualcuno dichiarato “disperso” può contattarci scrivendo a La Provincia, via P.Paoli 21, 22100 Como, tel. 031. 582. 311, [email protected].
Alessio Brunialti

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