Bruni, il giorno più lungo
Ma il sindaco non si dimette

Il primo cittadino di Como costretto a una irrituale nota per smentire le dimissioni. Domenica alle 11 raccolta di firme in piazza per mandarlo a casa. E lunedì i dissidenti del Pdl dovrebbero creare un gruppo autonomo anche in Comune

COMO - Giornata di fibrillazioni sul fronte politico, con voci insistenti di dimissioni del sindaco che si sono rincorse fino al tardo pomeriggio. Stefano Bruni, alla fine, è rimasto al suo posto, ma è servita una nota ufficiale del portavoce per mettere a tacere le indiscrezioni: «La notizia che il sindaco si sia dimesso o sia in procinto di dimettersi - recitava la nota - è completamente priva di fondamento». Bruni, comunque, resta in bilico visto che nelle prossime ore verrà depositata la mozione di sfiducia con le 16 firme necessarie per farla approdare in aula. All'indomani del durissimo comunicato contro il sindaco diffuso dai consiglieri liberal del Pdl Pastore, Buono, Arcellaschi, Belcastro, Frigerio e Rudilosso (ma quest'ultimo ieri si è dissociato dalle espressioni usate nel testo, che non aveva letto preventivamente), viene data ormai come sempre più probabile la formazione di un nuovo gruppo a Palazzo Cernezzi, composto da almeno 4 liberal. L'ufficializzazione potrebbe arrivare lunedì prossimo (se ne parlerà in un vertice domani sera).
Ieri sera in aula a Palazzo Cernezzi tutti i consiglieri di minoranza hanno sottoscritto la mozione di sfiducia contro il sindaco (Pd, Per Como, Area 2010, Paco, Rifondazione e Sapere del Gruppo misto), riscritta rispetto a quella predisposta un anno fa. Manca però un'ultima firma (la sedicesima) per fare in modo che il documento venga discusso e votato in aula (dovrà accadere entro venti giorni dal momento della presentazione). Luigi Bottone ha comunque ribadito che metterà la sedicesima firma, ma lo farà nelle prossime ore, dopo un confronto con Vincenzo Sofia, referente lariano di Futuro e libertà (il movimento di Gianfranco Fini), visto che intende aderire al nuovo soggetto politico e lascerà quindi il gruppo Liberi per Como: «Firmerò, come ho già promesso», ha detto ieri sera Bottone. La mozione sottolinea che «l'attività amministrativa è del tutto paralizzata» e che «nessuno dei progetti indicati come qualificanti per la città ha avuto in questi anni alcun concreto sviluppo» (vengono citati paratie, ex Trevitex, ritardo del Pgt e del piano della sosta, ex Ticosa e attività ordinaria del tutto carente). «Ritenuto che siano stati del tutto disattesi gli impegni assunti dal sindaco nei confronti degli elettori - si legge - e che non sussistano più le condizioni per la prosecuzione del mandato amministrativo, il consiglio sfiducia il il sindaco di Como». Emanuele Lionetti (Liberi per Como) si è detto pronto a votare in aula a favore della mozione, se dovessero esserci altri quattro esponenti di maggioranza pronti a fare la stessa cosa (servono 21 voti per l'approvazione): «Ritengo sia giunto il momento di staccare la spina - ha detto Lionetti - Il vaso è colmo e credo che solo un gesto di coraggio possa essere utile a non tenere la città in scacco per altri 18 mesi».
In apertura di consiglio comunale, il capogruppo del Pd Mario Lucini ha annunciato che d'ora in poi - visto che il sindaco non si è dimesso nonostante «il fallimento dell'operazione Ticosa» - l'opposizione non garantirà più il numero legale al momento dell'appello. Una strategia messa in atto già ieri sera: tutta la minoranza è uscita dall'aula ma i consiglieri di maggioranza erano in numero sufficiente. Infine, una curiosità: Alessandro Rapinese (Area 2010) si è presentato in consiglio indossando una maglietta con la scritta «Bruni go home day», per pubblicizzare in modo alternativo il raduno che ha organizzato per domenica alle 11 in piazza Cavour, chiamando a raccolta «i cittadini che chiedono le dimissioni del sindaco».
Michele Sada

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