Mariano, la tabaccaia aggredita
"Ho urlato aiuto, mi ammazza"

Maria Luisa Pozzoli è stata dimessa dall'ospedale, ma sarà una convalescenza lunga: porta ancora i segni dei colpi di taglierino al collo e ha il braccio sinistro ingessato per i tendini recisi dalla lama - "Non voglio più vedere né lui, né lei e chiedo di capire perché la donna era nascosta dietro un cespuglio nel giardino"

MARIANO «Non lo odio, ma parlare di perdono adesso è troppo presto. Mi ha fatto davvero male e non parlo della gola: è l'anima quella che ha squarciato». Ha finalmente potuto lasciare l'ospedale Maria Luisa Pozzoli, la tabaccaia marianese aggredita sull'uscio di casa in via Monte Grappa poco più di due settimane fa da Gerardo Quinto, il giussanese di 58 anni che l'ha ridotta in fin di vita a colpi di taglierino, ricorda con estrema lucidità, istante per istante, i fendenti sferrati al collo. «Avevo già aperto la porta di casa quando mi sono sentita abbracciare: all'inizio pensavo fosse uno scherzo, ma poi ho visto quella che chiamo lametta gigante, un profilo nero, che solo dopo ho saputo essere il passamontagna, e ho sentito il primo colpo. Ho pensato, adesso mi ammazza. Istintivamente ho portato la mano sinistra al collo per proteggermi e ho stretto talmente forte che lui non è riuscito a togliermela nonostante ci abbia tentato più volte: ho urlato e proprio per la pressione che faceva la mia mano, mi hanno raccontato essere uscito un urlo strano, quasi come se fosse il pianto di un bambino». Istanti in cui Maria Luisa non ha avuto «paura, né ho sentito dolore: non so cosa accada nella testa in quegli istanti, ma era come se i colpi li stesse ricevendo qualcun altro anche se mi rendevo perfettamente conto di quello che stava succedendo. Voleva uccidermi, era determinato: l'ho capito da come mi colpiva quando ormai ero a terra».
Adesso bisogna cercare di superare il trauma: «Sto meglio, questo sì, ma non so che segni lascerà questa terribile esperienza: mi domando come si metabolizza uno choc del genere e se da sola riuscirò a rifare le cose di prima. Chissà se avrò ancora il coraggio di tornare a casa da sola la sera».
Un passo alla volta: adesso la tabaccaia deve concentrarsi sulla convalescenza che la porta ad andare ancora al Sant'Anna per le medicazioni alle ferite riportate al collo («non so ancora esattamente quanti punti mi abbiano dato») e gestire il gesso alla mano sinistra che dovrà tenere ancora per alcune settimane per poi pensare alla rieducazione dei tendini recisi dai colpi del taglierino. «Questo è il meno - conclude Maria Luisa Pozzoli -: se sono viva è solo perché qualcuno dall'alto ha voluto proteggermi. Se sono viva, lo devo alla Madonna di San Rocco, cui sono molto devota, ai miei genitori che mi hanno protetto dal cielo e naturalmente al vicino di casa, Virginio Fumagalli, che ha messo in fuga l'aggressore prima che fosse troppo tardi».
Maria Luisa Pozzoli parla con voce ferma: non ha tentennamenti o incertezze, piuttosto traspare una sensazione di “anormale” serenità considerato l'accaduto. «E' vero, non provo nemmeno rabbia, direi piuttosto una strana indifferenza, però una cosa la so: non voglio più vedere né lui, né lei», dove lei sta per l'inquilina di una delle case dei fratelli Pozzoli che con l'aggressore, seppur già sposato e con figli, avrebbe un'amicizia particolare. Proprio quel legame avrebbe innescato la ragione di tanta violenza: «Una decina di giorni prima dell'agguato - racconta - avevo ripreso l'uomo perché gli altri inquilini del cortile di via Monte Grappa dove abita questa donna, mi avevano riferito di liti, urla e schiamazzi in piena notte tra i due. All'uomo avevo detto che o si decideva a comportarsi civilmente o l'avrei denunciato ai Carabinieri. Non l'ho aggredito verbalmente, però sono stata ferma e decisa: da allora non l'ho più rivisto sino a quando me lo sono ritrovata addosso con il taglierino in mano».
In queste settimane la tabaccaia ha cercato di darsi anche una risposta al perché di tanta furia: «Non so se sia stata la minaccia della denuncia a far scattare qualche molla strana nella sua testa, ma in questa storia non credo sia stato tutto chiarito: lei, infatti, che ruolo ha avuto nella vicenda? Perché la sera dell'aggressione alle 19,30 è passata al bar per vedere se c'ero, poi nell'ora che è trascorsa sino a quando sono rientrata, ho saputo che continuava a chiedere agli altri inquilini se fossi tornata a casa? Soprattutto mi devono dire, ad aggressione avvenuta, perché lei si trovasse acquattata dietro a un cespuglio nel mio giardino».
Nessun provvedimento è stato preso nei confronti della donna «che se tornassi a lavorare nella tabaccheria di via Montebello, dovrei incontrare praticamente tutti i giorni e adesso proprio non me la sento. Vorrei solo che chi me l'ha portata qui, ovvero i servizi sociali di Giussano ai quali abbiamo voluto dare una mano con la disponibilità dell'alloggio, se la venissero a riprendere. Per aiutare gli altri, ci siamo trovati noi in un brutto pasticcio».
Maria Luisa Pozzoli sta cercando di recuperare energie. A casa è circondata dall'affetto del fratello Amedeo, dagli amici e dai parenti: «L'altro giorno, quando sono stata dimessa dall'ospedale, mi ha emozionato rivedere gli inquilini che sono venuti a salutarmi, però solo una volta dentro casa sono riuscita a piangere. E' stata la prima volta da quel giorno maledetto».

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