L'amico del canturino ucciso:
"Negli ultimi temi era strano"

Parla Antonio Esposito, lo chef amico di Antonio Aceto, assassinato in Spagna nel mese di agosto. "Con questa storia non c'entro, quando mi hanno detto dell'omicidio sono stato male"

CANTU' «Negli ultimi quindici giorni, prima che lo uccidessero, Antonio era strano. Capitava che nel suo tempo libero prendesse l'auto, e se ne andasse anche a settanta chilometri di distanza. Ma non so proprio cosa facesse: io e lui ci frequentavamo soltanto sul lavoro, nel ristorante dove fra poco tornerò per occuparmi della cucina. Con tutta questa storia, non c'entro assolutamente nulla».
Antonio Esposito, chef molto noto in città, è rientrato a Cantù da pochi giorni, e racconta le sue verità sull'omicidio di Antonio Aceto, l'imprenditore canturino assassinato nell'agosto scorso in Spagna in quello che pare uno spietato regolamento di conti, legato a motivi non chiariti. Aceto, 44 anni – di Vertemate, conosciuto a Cantù per aver lavorato nella gelateria Pinko Pallino di viale Italia – aveva coinvolto Esposito nella gestione di un ristorante pizzeria a La Manga, nella striscia di terra tra il Mar Mediterraneo e il Mar Menor.
Il cuoco, noto anche per essere entrato nel Guinness dei Primati nel 2002, tre anni fa, ha venduto il ristorante Donna Rosa di via Vivaldi. In seguito, ha lavorato occasionalmente in locali della città. Fino al trasferimento in Spagna, assieme ad Antonio Aceto. Non vuole scendere troppo nei particolari. «Ma non perché ho paura che possa succedermi qualcosa. Sono convinto che quanto è accaduto ad Antonio non c'entra niente con il lavoro. Antonio lo conoscevo perché veniva al bar che aveva mio figlio, al centro commerciale di Vighizzolo. Mi ha proposto di andare con lui in Spagna, e ho accettato. Non pensavo che il mio nome sarebbe stato associato a un delitto per il quale la stampa spagnola ha usato la parola mafia. Io, che per un anno e mezzo sono stato anche carabiniere».
Ma ecco il suo racconto. Il giorno dell'omicidio, il 13 agosto, Antonio Esposito era in ospedale, a Cartagena. «Il 7 luglio ho avuto un infarto, per cui quel giorno ero in ospedale per fare controlli. In quel periodo - racconta - il ristorante è rimasto chiuso, e io non sapevo nulla di quanto accaduto. Dell'omicidio ho saputo dopo, da alcuni conoscenti. Sapevano di darmi una terribile notizia: mi hanno fatto sedere, mi hanno dato un bicchiere d'acqua, mi hanno chiesto se stessi bene. E mi hanno aperto un giornale. C'era la foto del corpo di Antonio, a terra, ammazzato. Per cinque minuti, non ho capito più nulla. Stavo male, mi sembrava di svenire. Mi sono dovuto iniettare un farmaco».
Esposito è stato interrogato dalla Polizia spagnola. «Delle indagini non so nulla, c'è di mezzo l'Interpol. Io non c'entro niente, sono libero, posso girare dove voglio per l'Europa, senza nessuna restrizione. Adesso sono qui a Cantù per una specie di vacanza». Esposito tornerà in Spagna, dove pensa a costruirsi un futuro nel ristorante.

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