Cocaina, pistole e vendette
Il volto oscuro del centro Como

Al via l'Assise per il delitto di Di Giacomo, ucciso per orologi falsi. «Sembravano molto amici». Antonio Di Giacomo ed Emanuel Capellato, uno dei due uomini in cella con l'accusa di aver freddato il commerciante di Colico con due colpi alla testa, davano l'idea di essere davvero affiatati.

COMO «Sembravano molto amici». Antonio Di Giacomo ed Emanuel Capellato, uno dei due uomini in cella con l'accusa di aver freddato il commerciante di Colico con due colpi alla testa, davano l'idea di essere davvero affiatati. Così, almeno, è sembrato a Fiorenzo Valsecchi, l'oste testimone suo malgrado dell'ultimo pranzo della vittima, quel piovoso venerdì dell'ottobre di un anno fa. Un'amicizia, se tale era, finita in via Cinque Giornate, in un monolocale dipinto come un punto di riferimento del centro storico - è emerso nell'inchiesta, è stato ribadito ieri in aula - per personaggi in cerca di vendette, armi o anche "solo" un po' di droga.
La prima udienza del processo per l'omicidio del furgone giallo, che si è aperto ieri in corte d'Assise a Como, regala un ritratto impietoso del volto più fosco della città. Quello fatto di amicizie pericolose, di conoscenze ai margini, di legami nati tra una riga di "coca" e una carta di credito clonata, e di vite il cui valore viene calcolato in base agli orologi che un uomo nasconde in un doppiofondo del suo Mercedes Vito.
Alla sbarra Emanuel Capellato, che in quell'appartamento «sempre disordinato» di via Cinque Giornata ci viveva. Nella gabbia accanto Leonardo Panarisi, di Tavernerio, reoconfesso di aver aiutato il figlio di un amico (Nilo il pugile, trafficante e contrabbandiere morto anni fa) a liberarsi del corpo dell'uomo che aveva appena ucciso, ma che secondo il pubblico ministero Antonio Nalesso ha partecipato attivamente pure all'omicidio, che sembra uscito dalla penna crudele di uno sceneggiatore alla Pulp Fiction. A cominciare dal movente.
Spiega Giuseppe Schettino, capo della squadra mobile, che un uomo può essere ucciso per una manciata di orologi patacca: «Nel furgone giallo - dice il detective ai giudici popolari - abbiamo saputo che c'era un doppiofondo apribile attraverso un contatto elettrico. Lì abbiamo trovato 35 orologi simili a quelli sequestrati a Capellato e alla sua fidanzata. La maggior parte degli orologi avevano un valore tra i 40 e 100 euro. Abbiamo calcolato che, tutti e 35, non valevano oltre i 1800 euro». Orologi che l'uomo chiamato "Popo", che ieri in aula si è presentato con barba incolta, capelli raccolti in un codino, giubbetto in pelle scura e jeans, secondo l'accusa aveva deciso di rapinare per ripagare il suo «amico pericoloso» (la definizione sarebbe dello stesso Capellato) Panarisi e saldare così i suoi debiti. Ancora Schettino: «C'era una forte pretesa economica di Panarisi nei confronti di Capellato, un rapporto di sudditanza dal quale quest'ultimo tentava di uscirne offrendo in maniera maldestra tv, scooter, Harley Davidson, Jeep». E, accusa la procura, gli orologi del Di Giacomo.
Testimone dopo testimone, il pubblico ministero porta in aula i tasselli che compongono un insospettabile e pericoloso sottobosco. Illuminante Oscar Villa, 45enne residente in città. Agosto 2009, in una birreria del Varesotto un ragazzo - tale "Fabietto" - minaccia la proprietaria con una pistola. La donna è la moglie di Villa: «No, niente... ho chiamato il mio amico Matteo Rapinese (che per questo fatto ha patteggiato ndr) e siamo andati da Fabietto per spaventarlo. Non proprio per spaventarlo, ma per dirgli che non si fa. Siamo andati in città, Rapinese si è allontanato. Mi ha detto che era stato da Capellato a prendere una "cosa che fa paura". Arrivati a Gaggiolo, dove Fabietto vive, lui non c'era. Al ritorno Rapinese tira fuori una pistola e, mentre era sulla mia Ferrari 440, ha aperto il finestrino e ha sparato ad alcuni cartelli». Capellato, sostiene l'accusa, era dunque una sorta di riferimento in centro città per armi e cocaina (leggi l'articolo sotto). Mercoledì si torna in aula. I difensori (Renato Papa e Stefano Pellizzari per Panarisi, Gerardo Della Noce e Gerardo Spinelli per Capellato) hanno annunciato che entrambi gli imputati parleranno. Per raccontare la loro verità.
Paolo Moretti

© RIPRODUZIONE RISERVATA