"Mentre la soffocavo
Bea era cosciente"

L'orrore ha fatto la sua comparsa in aula al tribunale di Lugano dove è in corso il processo per il delitto del lago: l'omicidio di Beatrice Sulmoni, 36 anni, uccisa a Obino in Ticino dal marito, Marco Siciliano, 32 anni, e poi gettata nel lago di Como

LAGLIO - L'orrore ha fatto la sua comparsa in aula venerdì mattina al tribunale di Lugano dove è in corso il processo per il delitto del lago: l'omicidio di Beatrice Sulmoni, 36 anni, uccisa a Obino in Ticino dal marito, Marco Siciliano, 32 anni, e poi gettata nel lago di Como.
Dopo una prima udienza molto tecnica, venerdì mattina il marito ha deposto ricostruendo i momenti in cui ha soffocato la moglie nel salotto della loro abitazione, dopo che le aveva somministrato un sonnifero: la donna era però ancora semicosciente, un particolare che ha impressionato il pubblico presente in aula (fra questi anche diversi familiari della vittima).
Sono stati scanditi i minuti della sera del 25 marzo quando si consumò il delitto: «Verso le 20,25 - ha dichiarato Marco Siciliano - ho incominciato a parlare a Beatrice, per dirle che intendevo lasciarla e la discussione è diventata un litigio quando Beatrice mi ha detto che non mi avrebbe più fatto vedere nostro figlio se l'avessi lasciata per un'altra». Una minaccia che il marito ha ritenuto credibile al punto che al giudice ha poi dichiarato: «A quel punto ho pensato che se lei non mi avesse più fatto vedere mio figlio io non le avrei più fatto vedere il bimbo che portava in grembo e ho deciso di sciogliere un potente sonnifero nella sua tisana, otto pastiglie di Stilnox da 10mg» un passaggio questo che ha scosso l'aula che in un silenzio carico di tensione ha seguito l'udienza.
Quando Beatrice Sulmoni, dopo aver bevuto la tisana, ha incominciato ad accusare giramenti di testa e uno svenimento, il marito l'ha soffocata e questo è stato il suo racconto: «Ho preso una piccola felpa e l'ho premuta sulla sua bocca: lei mi ha preso le braccia, ha cercato di divincolarsi e si è inginocchiata per terra. Non ho mollato la presa, ero dietro di lei e con le ginocchia facevo leva sulla sua schiena fino a quando ho sentito che esalava l'ultimo respiro».
Alla fine di questo racconto l'aula si è raggelata: istanti carichi di commozione mista a tensione per un omicidio che aveva sconvolto l'opinione pubblica non solo ticinese, ma anche della nostra provincia.

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