Il dormitorio scoppia
Posti solo a rotazione

Solo 51 letti. Dopo un mese si lascia ai trenta in attesa. Non c'è posto, a Como, per i profughi nordafricani che attraversano il Mediterraneo per raggiungere l'Italia e «realisticamente», come ha detto il ministro degli Interni, Roberto Maroni, ne arriveranno fino a 50.000 nel nostro Paese.

COMO Non c'è posto, a Como, per i profughi nordafricani che attraversano il Mediterraneo per raggiungere l'Italia e «realisticamente», come ha detto il ministro degli Interni, Roberto Maroni, ne arriveranno fino a 50.000 nel nostro Paese. In prefettura, non sono ancora pervenute indicazioni sulla quota assegnata alla provincia di Como, né sullo status dei migranti e neppure sui requisiti che le strutture d'accoglienza dovranno presentare. Ma «la barca è già piena» per riportare al presente un'espressione dilagante nel passato, in tempi di guerra e in tempi di pace.
L'esempio: la lista d'attesa e i turni al dormitorio permanente per i senza fissa dimora, gestito dalla Caritas dal primo novembre scorso, nello stabile di via Napoleona messo a disposizione dalla Piccola Casa Federico Ozanam, un'iniziativa nata dall'intesa con il Comune di Como impegnato a sostenere i costi con un contributo annuo di 286.000 euro. I posti sono 51, ma trenta sono i senzatetto in lista d'attesa e per non prolungarla a tempo indeterminato, è in atto la rotazione: significa che dopo un periodo trascorso al dormitorio, l'ospite deve cedere il posto ad un altro. Rientra dopo un periodo trascorso fuori, se nel frattempo non ha trovato un'altra sistemazione e qualcun altro gli cede il posto. Rientrerà quand'è possibile. Ed è questo l'unico modo possibile per due scopi che la Caritas si era proposta con la gestione del dormitorio permanente: dare conforto alle persone, conforto materiale ed umano e accompagnarle, all'interno di una rete di servizi, per trovare se stessi e un'altra strada nella vita. Per questo, la Caritas aveva insistito sulla questione del dormitorio: non doveva essere un mondo a sé, affidato al buon cuore, ma un tassello di una rete, formata da istituzioni pubbliche ed associazioni private. Ha risposto il Comune, ha collaborato l'amministrazione provinciale, ma è stata oltre ogni aspettativa la disponibilità dei volontari, che passano la notte al dormitorio, preparano quanto c'è da preparare ed intrattengono un dialogo con le persone, prevalentemente uomini. Anche nelle altre città, più o meno grandi, è in atto il criterio della rotazione: per tutti, non ci può essere un posto fisso e nessuno ha posti superiori o pari alla domanda. Ma quante persone, allora, nella nostra città, non hanno un tetto, un letto, servizi igienici, un posto dove stare? I clandestini, cioè persone senza documenti, sono molto pochi, in giro per la città, anche perché vengono individuati subito. Il servizio della Questura, dei carabinieri e delle forze dell'ordine in generale, funziona. Un esempio: due tunisini, profughi dal Mediterraneo, un mese fa avevano lasciato un centro d'accoglienza del Sud ed erano arrivati a Como a trovare parenti. Tempo tre ore e sono stati trovati dalla Polizia, identificati e sollecitati a tornare al Sud. Ma tende ad aumentare il numero degli italiani che cercano un posto dove passare la notte, hanno perso la casa, non possono stare in famiglia e anche loro trovano ripari di fortuna se al dormitorio non c'è posto. Dormono dove possono e il giorno dopo vanno a cercare un lavoro o a lavorare, mangiano nelle mense dei poveri, presso le suore della San Vincenzo o le Suore Guanelliane. E' quella che la Caritas chiama «la fatica di vivere».
Maria Castelli

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